Letture e riletture |
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Questo è uno spazio pensato per chi dopo ogni lettura desidera condividere le proprie
impressioni o le proprie emozioni. |
30.1.03
Comunicazione inviata da Paola Mariani
Era tanto che non girellavo in questo bel sito e volevo farlo proprio per raccontarvi la fine di Espiazione, di Ian Mc Ewan, quando cosa ti trovo? Un richiamo esplicito alla mia persona, alla mia richiesta se continuare a meno o leggere questo libro da parte di Carlo Annese, che purtroppo non ho il piacere di conoscere ma che mi ha fatto piacere incontrare qui. Caro Carlo, posso dirti che nessun libro, a meno che non sia proprio cretino o mal tradotto, finirà mai nella raccolta differenziata a casa mia. Ti dico anche che sono arrivata alla fine di Espiazione e che sono stata contenta di aver dato retta al precedente suggerimento della nostra amica lettrice Alessandra. È vero, l'inizio è stato faticoso, ma poi mi sono lasciata trascinare in questo vortice di emozioni ed eventi causati da un equivoco gigantesco e crudele. È vero che la descrizione della ritirata mi ha raggelato per la sua intensità, provocandomi un ulteriore disgusto di fronte a qualsiasi guerra, se mai ce ne fosse stato bisogno. Sono stata affascinata dall'evoluzione di tutta la storia e dei suoi personaggi e mi era piaciuta tanto la fine (sono una fan del semi-happy end), quando poi le pagine successive mi hanno un po' spiazzato, dando adito a ulteriori interpretazioni. Ma io mi tengo la prima fine e vi ringrazio ancora per la partecipazione, è bello essere lettori solidali. Paola 29.1.03
Recensione inviata da TulipanoGiallo
È stata una vertigine di Maurizio Maggiani Un bambino che scopre l'amore in un cinema sulle note di una vecchia canzone. Una ex moglie che lascia gli oggetti di una vita in comune sul pianerottolo del marito. Una vecchia e grassa gatta in calore. L'assenza della donna amata. L'irresistibile amore per una figlia. Un padre che contempla commosso la stessa figlia che gioca con le costruzioni Lego. Un uomo che si innamora di una vicina e della sua solitudine, che poi è solo attesa. Un amore mancato nel cuore dell'Europa. Una famiglia adottata da cui allontanarsi per troppo amore. Un uomo e i suoi presepi. Due amanti che si trovano sempre in un bar di periferia. Un amore straniero. Foto di famiglia. Sono queste 13 storie a costruire È stata una vertigine, l'ultimo libro di Maurizio Maggiani, pubblicato da Feltrinelli per la collana i "Narratori". 13 racconti distinti che come pezzi di un puzzle si compongono tra loro a formare un'unica immagine d'amore. Infatti pur avendo una loro autonomia sono strettamente legati da alcuni elementi comuni. L'amore prima di tutto: coniugale o filiale, che dura o che non dura, che distrugge ed immalinconisce, fa compagnia, rallegra, incuriosisce, stupisce, sviluppandosi in circostanze diverse, attraverso situazioni quotidiane o eccezionali tutte però riconducibili ad un unico protagonista, che ci mostra la sua vita, forse, con tono dimesso e intimo e uno sguardo dolcemente ironico. E poi le ambientazioni sono spesso le stesse, anche se il libro comincia in un vecchio cinema e finisce nel cuore dell'Europa. Probabilmente l'autore ha voluto raccontare ciò che ha capito fino ad oggi dell'amore, perché non si può scrivere del mare senza averlo visto, e così questi 13 pezzi sono le 13 parti di un solo romanzo che parla di una vita piena d'amore. 13 descrizioni di attimi dilatati, come epifanie con tutto il loro patrimonio di suggestioni e richiami lirici, che seguono il movimento lento della vertigine. Bel libro quest'ultimo di Maggiani, che conduce il lettore fino alla fine del libro con la sua prosa confidenziale, calda ed intima e la pura sincerità dei sentimenti, per questo gli si perdona facilmente qualche scivolata nel buonismo più melenso e una brusca incursione nell'attualità politica che interrompe il flusso emotivo della lettura senza aggiungere niente all'economia del racconto. Una e 13 storie da leggere e rileggere. Rosy 24.1.03
Recensione inviata da barney
Ho letto Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia nell'edizione del Corriere della Sera. Bel racconto, va giù che è un piacere. Si potrebbe definire un giallo impegnato. Scritto nel 1960 sorprende per la pienezza dei suoi contenuti in relazione alla mafia e alla giustizia, c'è tutto: l'infamità della mentalità mafiosa, l'eroismo ammirevole ed inutile degli eroi dell'antimafia, l'importanza delle garanzie costituzionali per l'imputato, i morti ammazzati e altro. Per intenderci è il libro che contiene le categorie dell'umanità: Uomini, Mezzi uomini, Omminicchi, Piglianculo e Quaquaraquà. Oltre alle varie riflessioni sui gravi pericoli che la giustizia corre quando tratta di mafia, quindi, ci si può "divertire" ad indovinarsi in una delle categorie di cui sopra. Il gioco non è molto simpatico se si fa seriamente... P.S.: c'è una prefazione da non perdersi di Francesco Merlo che impreziosisce il tutto. barney 21.1.03
Preferenza inviata da mariemarion
...c'è tutto Garcia Márquez a raccontare con la sua vena divina l'orrore vero. Buon ultimo il suo L'autunno del patriarca (tradotto in italiano da E.Cicogna), per me il suo capolavoro, che rende "pietosa" l'agonia e la morte di un dittatore sudamericano, uno qualsiasi. In quello che io considero il mio libro preferito, L'autunno del patriarca di Garcia Márquez, l'orrore del sangue misto a sperma d'un dio sifilitico si fa raccapriccio ad ogni pagina, ad ogni riga. Ma altrettanto orribile appare l'agonia dell'antico dittatore che vede putrefarsi le proprie budella sotto i propri occhi devastati dagli antichi ricordi di orribili sarabande edonistiche che adesso, sul far della morte, egli vede per quello che veramente erano: un orrore (c'entra il tema della pedofilia, delle ragazzine stuprate, ecc. ecc.). mariemarion 19.1.03
Annie Messina, La principessa e il wâlî Pubblicati da Sellerio nel 1996, questi quattro racconti riportano ad atmosfere alla mille e una notte. Narrate con incanto, le vicende hanno intrecci semplici ma originalissimi attraverso i quali emerge prepotente la forza della passione assoluta, inspiegabile e irragionevole che assume diverse forme, ora violente ora delicatissime, ma sempre con grande intensità. A prevalere sarà in ogni caso l'amore totale, avvinghiato però indissolubilmente all'inesorabile. Giulio Pianese, ovvero Zu 11.1.03
Segnalazione inviata da Matteo Vettorato
Vorrei suggerire la lettura di un libro che mi ha affascinato, stregato, a tratti fatto incazzare e legato a sé per i tre giorni che ci ho messo a leggerlo come pochi altri. La storia di un ragazzo emarginato e deriso dai propri compagni di scuola, alla perenne ricerca di affetto e rapporti più umani, accusato di aver sterminato la propria classe vi farà rivivere i vostri problemi adolescenziali e vi riporterà ai vostri quindici anni. Oltre a ciò il libro, sempre con una sottile ed apprezzabilissima vena sarcastica, si caratterizza per la capacità di mettere a nudo lo squallore della societa' moderna ed in particolare di quella americana. Il titolo è Vernon God Little e l'autore è DBC Pierre (Einaudi, traduzione di Cristina Mennella). Buon divertimento. Matteo 9.1.03
Contributo inviato da Carlo Berardelli Ho sempre ammirato i bravi traduttori, perchè tradurre è una forma di artigianato mentale così complicata e virtuosistica che non può che suscitare ammirazione. Non parliamo poi delle traduzioni letterarie, che sono delle opere d'arte almeno quanto gli originali. Purtroppo ci sono un sacco di cattive traduzioni in giro, e per questo motivo quando posso cerco sempre di leggere i miei autori preferiti in lingua originale. Questa però è una banalità ed è anche un'altra storia. La storia che vi volevo raccontare è invece questa: mi è capitato di recente di comprare Nove Racconti di J.D. Salinger (Einaudi) in italiano, tradotto da Carlo Fruttero. Iniziato a leggerlo, ho riconosciuto subito il primo racconto e mi sono ricordato che, anni addietro, avevo letto For Esmé - with Love and Squalor and other stories (Penguin Books), sempre dello stesso autore, e il volumetto di Einaudi non ne era altro che la traduzione. Sono andato a frugare nella libreria e ho trovato l'originale, quindi mi sono messo a confrontarlo con la versione tradotta. La traduzione è un capolavoro assoluto, quasi entusiasmante la perfezione con cui Fruttero ha reso la prosa di Salinger e ha conservato la bellezza originale di quei racconti. Due parole sul libro: i racconti sono in puro stile Salinger, dialoghi secchi e asciutti che ti sembra di sentirli parlati, più che scritti. C'è follia e commozione, dolore e stupore. C'è il senso preciso dell'infelicità degli adulti e la purezza del mondo dei bambini. Sono nove piccole perle da leggere in un fiato, che ti lasciano un po' di tristezza addosso - ma di quella che fa bene. Nota editoriale: sette dei racconti erano stati pubblicati per la prima volta su The New Yorker, uno su Harper's Magazine e il racconto restante era un inedito. Poi, nel 1953, sono stati raccolti in un volumetto, Nine Stories, da Little, Brown & Co. Sarebbe interessante conoscere la storia dell'edizione italiana (la traduzione di Fruttero è del 1962). Carlo 2.1.03
Recensione inviata da tequila
Uno strano omicidio e uno stranissimo amore Cosa faceva Dora, una ragazza appena diciottenne, rampolla dell'alta borghesia viennese, da sola, di notte, nel parco? Chi le ha dato da mangiare un fico fresco, frutto quasi introvabile a Vienna in questa stagione? Di chi è il mantello trovato nascosto in un angolo? Dov'è il fratellino della vittima? Questi e mille altri piccoli perché (li taccio, incontrarli a uno a uno fa parte della tessitura abile di questo romanzo) puntano tutti nella stessa direzione, quella che porta al nome dell'assassino. Leggendo La mangiatrice di fichi (Jody Shields, Sperling & Kupfer, traduzione di Fulvia Milton) non ho avuto la percezione di leggere un giallo "tradizionale": l'asse centrale della narrazione, per me, non è la soluzione del mistero, ma l'indagine in sé. Anzi, le indagini. Perché sulle orme dell'assassino di Dora sono in due, l'Ispettore, mite, posato, tenace, razionalissimo. Armato della sua logica e dei suoi dotti manuali. E, a sua insaputa (ma sarà proprio così?), la moglie Erszébet, ungherese umorale e sensibilissima, cresciuta nel misticismo e nella superstizione magiare, che si fa guidare dagli spiriti, dagli amuleti e dalle tradizioni gitane. L'Ispettore e Erszébet rappresentano due modi, due mentalità, due modi di vivere e di pensare diametralmente opposti, due facce della stessa medaglia. La mente analitica e un po' fredda dell'austriaco e l'istinto zingaro della donna non si incontrano, non collaborano, procedono ognuno per proprio conto, paralleli come i binari della ferrovia. Come gli Austriaci e gli Ungheresi di quell'Impero che non esiste più. Come tutti gli amanti che affiancano le loro vite senza riuscire a intrecciarle mai veramente. Ma continuano, a dispetto di tutto, ad amarsi. tequila
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