Letture e riletture


31.1.08
Recensione inviata da Matteo Ferrario
Karen Duve, Romanzo della pioggia (traduzione di Gabriella Rovagnati, 2003)
Il romanzo d'esordio della tedesca Karen Duve, disillusa cronista delle miserie maschili ma non per questo più tenera con le donne, si blocca a metà strada fra onesto intrattenimento e riflessione esistenziale.
La carta meteorologica viene giocata fin dall'incipit, con una pioggia battente che accoglie i novelli sposi nella zona paludosa dell'ex Germania Est in cui hanno deciso di trasferirsi.
La coppia messa alla prova da un rapporto malato con i nuovi vicini è un tema già affrontato con risultati notevoli da Ian McEwan in Cortesie per gli ospiti, i cui protagonisti volavano però a ben altra quota rispetto ai tipi da fiction televisiva cui si affida l'autrice di Romanzo della pioggia, più adatti a un racconto dall'azione tambureggiante o un thriller senza particolare scavo psicologico.
Leon è credibile sia come ultratrentenne maschio occidentale di media codardia che come scrittore morto di fame. Di lui interessano soprattutto il senso di inferiorità fisica e il desiderio di piacere a uomini d'azione come l'amico Harry e il losco ex pugile Benno Fitzner di cui accetta di scrivere la biografia, ricavandone il denaro necessario per l'acquisto della casa.
Martina, bellezza scheletrica che nei disordini alimentari cerca un'espiazione un po' meccanica al rapporto irrisolto col padre, stupisce invece per la sua inconsistenza e si dimostra preziosa solo per mettere in luce un altro aspetto di Leon: l'atteggiamento nei confronti della moglie in presenza degli uomini che lo tengono soggiogato.
Più che ai problemi della ragazza con la sua famiglia di origine, l'autrice pare insomma interessata alle nefandezze del maschio e in particolare a quelle dello scrittore, di cui ci regala una definizione spietata: "Non stare a dirmi che cos'è uno scrittore. Lo so cos'è uno scrittore," disse Fitzner. "Uno scrittore è uno che non riesce a cacare perché sta seduto tutto il giorno davanti alla macchina per scrivere e non si muove mai da lì. E invece di alzarsi a fare un paio di giri di corsa intorno all'isolato, rimane seduto a scrivere del fatto che non riesce a cacare."
Le due sorelle Kai e Isadora individuano gli opposti dialettici entro cui oscilla il tormentato rapporto col cibo e la figura umana dei personaggi principali. Il tema è tutt'altro che marginale anche in un'altra storia di cattivo vicinato come Le catilinarie di Amélie Nothomb, che però ha ridotto all'osso gli elementi della sua letteratura e li sviluppa senza indugi in novelle scritte col pilota automatico.
Karen Duve invece rallenta, si appoggia a lunghi flashback e suggestioni olfattive, insegue simbolismi e implicazioni freudiane nelle estenuanti traversate della palude, e al lettore non lascia molto più di qualche scena ben costruita.
Matteo Ferrario



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