Letture e riletture |
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Questo è uno spazio pensato per chi dopo ogni lettura desidera condividere le proprie
impressioni o le proprie emozioni. |
28.8.02
Segnalazione inviata da Isabella Massardo
Poiché abito in Olanda, mi sento un po' in dovere di promuovere anche la letteratura olandese. Vi invito a leggere De ontdekking van de hemel di Harry Mulisch, uno dei principali scrittori olandesi viventi. Sul sito di Alice dicono che il libro verrà pubblicato in Italia a settembre con il titolo La scoperta del cielo. È un libro che offre molti spunti di riflessione, ma a me è piaciuto soprattutto per la storia fantasiosa, ricca di personaggi e tanti dettagli curiosi. Non fatevi spaventare dal numero di pagine, vale veramente la pena. Isabella Massardo
In attesa di altri interventi, qualche appunto su un libro che ho appena letto: Foreign Affairs di Alison Lurie (1984) È stata la buona sorte a farmelo pescare dagli scaffali della biblioteca rionale, nella traduzione in italiano di Stefania Bertola: Cuori in trasferta (Feltrinelli, 1986) . L’autrice, nata nel 1926, stupisce per la gradevole freschezza del sentire che si dimostra in grado di trasmettere. Nel racconto alternato di due storie che si intersecano, i protagonisti sono accademici americani in solitario soggiorno londinese: una professoressa di mezza età, bruttina e inacidita, cui fa da contraltare un bellissimo e giovane professore demoralizzato per la sua crisi matrimoniale. Entrambi si troveranno a vivere inaspettati incontri sentimentali (nonché carnali, per fortuna) e attraversandoli sentiranno accelerare una loro fase di evoluzione personale. Le vicende vengono raccontate secondo un fluido schema binario nel quale un'unica voce narrante ne svela il procedere da diversi punti di vista, ma senza sovrapposizione cronologica. Il dinamico alternarsi dei quadri incornicia una bipolarità che pervade tutta l'opera con una serie di opposizioni significative (Londra/Stati Uniti, accademia/mondo reale, spontaneità/convenzioni) che rivelano e nel contempo innescano meccanismi psicologici, risultando in definitiva decisive per l’azione laddove vanno a determinare scelte e comportamenti dei personaggi. La narratrice onnisciente e disincantata in realtà non travalica il suo compito, perché nel verbalizzare i movimenti interiori dei personaggi rispetta il verosimile progredire delle singole consapevolezze. Sottoscrivo in pieno le parole della quarta di copertina: “Un romanzo divertente, vivo, estremamente agile, costruito con mano sicura”. Giulio Pianese, ovvero Zu 26.8.02
Segnalazione inviata da Paola
Le particelle elementari, Michel Houellebecq, 1998 Leggere Houellebecq mi provoca sempre reazioni contrastanti, il che di per sé non giudico un male nemmeno quando a prevalere sono contrasti di segno negativo. Le particelle elementari trattano solo episodicamente di fisica quantistica, trattata per altro in modo mediamente comprensibile anche a chi come la scrivente non possiede il dono della ragione matematica; trattano anche, come altri libri dello stesso autore, di sesso declinato nella sua forma più pornografica per distacco e precisione dei dettagli. Ma tratta soprattutto di dolore, di due fratelli accomunati dall'avere (e dal non avere) la stessa madre e un medesimo disagio che ciascuno ha saputo/potuto gestire nel modo che più gli veniva facile: uno con la biologia molecolare l'altro con il sesso, con l'assoluta mancanza e l'estremo desiderio del coinvolgimento e dell'appartenere. Interessanti e quasi documentaristiche le parti dedicate al sessantotto e ai suoi protagonisti ed epigoni in Francia, con tutte le derive violente newage e rockettare del caso. Non manca la polemica nei confronti delle religioni monoteistiche, segnatamente quella musulmana, presa meglio e più pesantemente di mira nel successivo Plateforme. pippi 18.8.02
"Quale titolo vi viene in mente se vi domandano a bruciapelo di esprimere una preferenza su tutte?"
Risposta inviata da Monika Schmidt Non è per nulla facile. Arrivano da ogni parte ricordi di libri letti, riletti, amati, a volte mal digeriti. Si avvicinano come bolle d'aria, si allontanano per essere rimpiazzati da altri ancora. Tedeschi, italiani, a volte non mi ricordo in quale delle due lingue ho letto un determinato libro. A volte è imbarazzante quando prometto a qualcuno di prestarglielo e scopro che è nell'altra lingua. Comunque, ultimamente mi ha colpito molto Un divorzio tardivo di A.B. Yehoshua. Ritrovo con molta facilità, e la condivido in pieno, la metafora dell'identità ebraica, divisa fra diaspora e costituzione di uno stato nazionale, come viene anticipato nella prefazione. Monika Schmidt 12.8.02
Quale titolo vi viene in mente se vi domandano a bruciapelo di esprimere una preferenza su tutte?
Lo so che non è facile, ma è il bello del gioco. Io dico: The Water-Method Man (1972) di John Irving. Romanzo divertentissimo, e non è poco, quanto interessante anche strutturalmente, con l'intrecciarsi dei numerosi e multiformi piani narrativi in un flipper cronologico nel quale i vari livelli e le diverse prospettive arricchiscono la percezione della trama, ma nel contempo contribuiscono a innescare un meccanismo di incertezza, di possibile inganno, che si propone come metanarrazione. Racconto in terza e in prima persona si alternano, tra l'altro, al romanzo epistolare di stampo umoristico, alla descrizione di una realizzazione cinematografica, alla fantasiosa esilarante traduzione di un oscuro poema da un'oscura lingua nordica che da semplice citazione comica si espanderà fino a impreziosire il complesso gioco di specchi che deformandola riflette e illumina la storia dello sgusciante protagonista. Le vicende di Fred Bogus Trumper, bugiardo dichiarato già nel nomignolo, appassionano anche laddove il registro è quello del grottesco, divertono anche quando vengono sfiorate le corde della commozione. In italiano uscì nel 1989 tradotto da Pier Francesco Paolini, con l'azzeccato titolo La cura dell'acqua pura. Giulio Pianese, ovvero Zu 11.8.02
Contributo di Carlo Annese
Ti segnalo che anch'io ho inserito il link a questa tua interessante iniziativa nel mio weblog su "la scrittura per la rete e la lettura per se stessi". Carlo Annese
Segnalazione inviata da Nazzareno Mataldi
Non sono bravo a raccontare i libri che leggo (pochi, ahimé, rispetto ai molti che compro), quindi probabilmente non farò qui segnalazioni. Giusto in via eccezionale - e per ringraziare in questo modo Giulio per la sua bella iniziativa, nonché per avermela gentilmente segnalata in privato, dato il mio temporaneo nomail da ogni lista - posso indicare gli ultimi due libri che ho finito e che, ognuno a suo modo, mi hanno preso e lasciato un'impressione positiva: 1) della giovane scrittrice statunitense Aimee Bender, Un segno invisibile e mio, romanzo uscito a maggio da minimum fax, per l'eccellente traduzione di Damiano Abeni e Martina Testa. Mi sento di condividerne appieno il commento nel risvolto di copertina: "tenero, spassoso, visionario, commovente, originalissimo, venato di tristezza ma colorato di surrealtà... un'indimenticabile favola-per-adulti per il nuovo millennio". 2) di Franco Berardi Bifo, animatore del movimento e della cibercultura, Un'estate all'inferno, pubblicato da Luca Sossella editore: il racconto, sotto forma di rapido e sofferto diario, della fuga impossibile da un presente (l'"estate breve" e atroce del 2001) entro cui sono esplose tensioni incontrollabili, unito a riflessioni sul proprio passato e sul rapporto tra vita privata e militanza. Torno adesso a distendermi al sole (se regge :-)) con l'antologia di giovani autori statunitensi Burned Children of America (minimum fax), dopo di che sarà la volta di Ingannevole è il cuore più di ogni cosa di J.T. Leroy (Fazi Editore). nazzareno 8.8.02
Precisazione inviata da Carlo Annese
A proposito della segnalazione di Barbara Cooper, il libro di Simon Winchester è stato tradotto e pubblicato in Italia da Mondadori nel '99 con il titolo L'assassino più colto del mondo. Una lettura in effetti molto interessante. Carlo Annese
Segnalazione inviata da Marina Braito
In merito alla segnalazione di Anna M. Appel, il libro Lost in Translation è stato edito dalla Neri Pozza con il titolo La donna di giada di Nicole Mones. Ecco la breve descrizione sulla controcopertina: È tarda sera a Pechino. Una giovane donna percorre in bicicletta le strade deserte della citta. È bianca, americana, e sul suo biglietto da visita c'e scritto: Alice Mannegan, interprete. Ma, in realtà, è una donna in fuga: dalla sua vita, dalla sua stessa identità. Una donna che trascorre le sue notti nei locali di Pechino, dove la "modernizzazione" può concedere anche a una waiguoren, a un'affascinante straniera, il piacere segreto e fugace dell'avventura. L'esistenza di Alice si consumerebbe così, nel vuoto desiderio di queste notti, se Adam Spencer, un archeologo americano, non le chiedesse di accompagnarlo in una spedizione nel nord della Cina, alla ricerca dell'"Uomo di Pechino", uno dei primi resti di Homo erectus. Molto bello sempre della stessa autrice La fragile bellezza del passato (Neri Pozza). Marina Braito
Riflessione inviata da RDF
Anch'io vorrei parlare di un libro, uno dei primi che ho amato, uno di qui libri che puoi leggerli anche 1000 volte ed ogni volta ti lasciano un'emozione nuova, un particolare che ti era sfuggito, una carezza per l'anima, un sorriso per il cuore. Quante volte sarei voluto essere lì con il Piccolo Principe per spiegargli che gli uomini purtroppo sono incapaci di vedere l'elefante dentro il boa....gli uomini riescono solo a vedere cappelli, forse come metafora del coprirsi, del nascondersi dalle proprie paure, dalla paura di "aver dimenticato di essere stati bambini anche loro", dalla paura ben più triste del commuoversi, del lasciarsi stupire dalle piccole cose. Gli uomini hanno dimenticato il sapore salato delle lacrime. Che siano di dolore o di gioia. Abbiamo perso tra le strade spesso disastrate dei nostri anni incerti, il coraggio di sederci ad un tavolino e di iniziare a fare il riassunto della nostra vita, a riscoprire fotografie di giorni che non ricordavamo nemmeno più, facce, parole, odori che un tempo erano sogni, speranze, certezze e che adesso sono solo miraggi in un deserto di fretta e di noia, stelle che brillano e che siamo incapaci di vedere. E avrei voluto conoscere anche la volpe, per farmi spiegare quando incontrerò una persona "da addomesticare" e che "sappia addomesticarmi"...e dove mai sarà finita la mia rosa, quella rosa che tutti noi in un modo o nell'altro teniamo rinchiusa dentro qualche campana di vetro al riparo dal gelido vento della insensibilità e dell'approssimazione umana. Il colore del grano, come simbolo del ricordo, dell'incapacità di obliare un sentimento talmente forte, della resistenza di noi, esseri umani "fragili" di non dimenticare mai, di cercare di non essere dimenticati, di fare in modo da non dimenticare mai di essere stati bambini. È come quando da bambini ci siedevamo sulla riva del mare e pensavamo che quell'azzurro non finisse mai. Vorrei ancora avere il sapore di quel sale, salato come le lacrime di gioia piante sotto un albero di natale illuminato da duemila piccole luci e da due occhi che brillavano commossi quando mamma e papà mi lasciavano scartare i regali, e di quel sorriso ingenuo che mi rendeva felice, piccolo principe insabbiato alla ricerca del suo pianeta lontano. Remo De Fabritiis - Pescara 7.8.02
Segnalazione inviata da Anna Milano Appel
Anche io vorrei contribuire con una lettura appena conclusa, un romanzo che ha come protagonista - guarda caso! - una traduttrice. Il libro è intitolato Lost in Translation e la scrittrice si chiama Nicole Mones. (È scritto in inglese, non so se è stato tradotto ancora in italiano.) Ha a che fare con un'interprete americana, Alice, che vive e lavora da anni in Cina. Alice vuole dimenticare il suo passato, e cerca di cambiare la sua vita immergendosi (forse "perdendosi") nell'altro linguaggio, nell'altra cultura. "Here in China the self could always be reinvented. She, too, could become someone else. Or so she'd told herself all these years." Vista in quest'ottica, la traduzione diventa una metafora per la reinvenzione dell'"io", e la traduttrice si avvicina ad una "traduzione" di se stessa. Anna Milano Appel
Riflessione inviata da Paola Mariani
Poiché leggo ininterrottamente narrativa di vario genere da quando avevo sei anni (ora ne ho 38), ho desiderato spesso condividere i miei entusiasmi e le mie delusioni con altre persone e in parte l'ho sempre fatto con amici e parenti. In questo periodo, ho avvertito questo bisogno in modo particolare dopo aver letto un libro per me fantastico, Non ti muovere, di Margaret Mazzantini, già citato da Liliana Piastra. Vorrei solo ribadire non solo la bellezza della storia ma anche il carattere incisivo e originalissimo della prosa di questa giovane autrice, che, stando a quanto detto durante la cerimonia di premiazione dello Strega, dove è arrivata prima, ci ha messo cinque anni a scrivere il libro. Pare che il suo editore, Leonardo Mondadori, abbia ricevuto il manoscritto un anno prima durante una vacanza in Messico e sia rimasto affascinato sia dalla trama sia dalla prosa di Non ti muovere, combinazione rara da trovare, decidendo immediatamente di pubblicarlo. Io posso solo dirvi che, verso le ultime pagine, una mattina ho messo la sveglia molto presto per iniziare a lavorare, non senza aver bevuto il mio caffè e letto un po' del mio libro in questione; ebbene, non sono più riuscita a staccarmi, con buona pace delle traduzioni, mi sono sdraiata sul mio letto e ho cominciato a leggere e piangere al contempo. Vi posso assicurare che non ho la lacrima facile, ma questo libro mi ha emozionato in maniera profonda, come non mi succedeva da tempo con un libro. Da ultimo, vorrei sentire il parere di qualche uomo che magari l'ha letto o lo leggerà perché c'è qualcuno che mi ha detto che un uomo come il protagonista del libro non esiste, mentre io affermo esattamente il contrario, entusiasta, tra l'altro, di come la Mazzantini, donna, sia potuta scendere così a fondo nell'animo e nelle emozioni di un uomo. Paola Mariani
Contributo di Isabella Massardo
Complimenti per l'iniziativa. Spero non ti dispiaccia, ti ho menzionato nel mio piccolo weblog (solo informazioni relative a lingua, scrittura, etc...). Isabella Massardo
Segnalazione inviata da Valeria Fucci
Vinco la timidezza e ti invio alcune brevi riflessioni su un libro letto di recente, che mi è rimasto molto impresso. Si tratta di Sensualità di Stefano Zecchi. Non so perché lo comprai diversi anni fa, se per il titolo o per la curiosità di leggere qualcosa di questo autore, non ricordo. Sta di fatto che l'ho divorato e sono rimasta dispiaciuta quando ho letto l'ultima riga, non per il finale triste, ma perché la storia era finita, avrei voluto che continuasse. Dal titolo mi aspettavo qualcosa di totalmente diverso, ma non sono rimasta delusa anzi... L'esplorazione, così intesa e precisa, dell'universo femminile di due donne molto diverse tra loro ma complementari, da parte di un uomo è stata una vera sorpresa e poi... l'esplorazione della cultura indiana seppure vista attraverso il microcosmo di una città come Calcutta. E per cultura intendo quella con la C maiuscola che comprende quindi storia, tradizioni, religione, riti e magie, raccontata senza eccessi antropologici o sociologici, una Cultura che sta svanendo a profitto di un'occidentalizzazione (globalizzazione?) che molti, forse troppi, chiamano "progresso". Valeria F.
Segnalazione inviata da Barbara Cooper
A coloro che sono affascinati dalle parole e dal loro mondo potrebbe forse piacere il libro The Surgeon of Crowthorne di Simon Winchester (forse pubblicato in USA come The Professor and The Madman; non so se è stato pubblicato in italiano), che ho letto due anni fa. È la storia della creazione della prima edizione dell'Oxford English Dictionary - pubblicato nel 1928 col nome di New English Dictionary - e dei due uomini più coinvolti nella grande opera: l'inglese James Murray, il direttore di quello che sarebbe diventato l'OED, e l'americano William Minor, uomo ricco, chirurgo di campo durante la guerra civile americana, omicida. Quest'ultimo contribuì con decine di migliaia di parole, eppure fu solo dopo vent'anni di corrispondenza con il suo collaboratore più prolifico che Murray scoprì che Minor gli scriveva non dalla sua casa, ma rinchiuso fra le mura del manicomio criminale di Broadmoor. È un libro molto interessante, non solo per le storie umane dei due uomini, così diversi eppure uniti dal fascino ossessivo delle parole, ma anche per la descrizione del modo in cui si compilò quell'opera monumentale, un lavoro che durò più di settant'anni. Barbara
Avevo letto in italiano i discorsi di Tuiavii di Tiavea, Capo delle isole Samoa, in un libricino pubblicato da Stampa Alternativa (i famosi e ormai inderogabilmente tramontati "Millelire") che s'intitolava appunto Papalagi. Grazie per avermelo richiamato alla memoria. Per sdebitarmi, segnalo che ora è leggibile in rete (clic).
Segnalazione inviata da Monika Schmidt
Ho letto anni fa un piccolo volume tedesco che mi ha colpito molto. Per tanto tempo l'ho cercato in italiano. So che era stato tradotto e pubblicato da Longanesi, ma non è più in stampa e quindi quasi introvabile. Si tratta dei discorsi di un capo tribù dei mari del sud. Il titolo in tedesco era Der Papalagi. Il libro è uscito la prima volta nel 1920 e riassumeva i discorsi di questo capo che aveva visitato il mondo "civilizzato" e raccontava al suo popolo le cose strane, incomprensibili e, perfino, scandalose che aveva visto. Mi piacerebbe molto trovare una copia del libro per farlo leggere alle persone che mi sono importanti. Ne vale la pena, se non altro per riflettere e per scoprire che quelle considerazioni sono più attuali che mai. Monika
Segnalazione inviata da Liliana Piastra
Nelle due ultime settimane ho letto cinque libri, quattro di Camilleri (me ne porto sempre un po' appresso quando viaggio perché è un autore che mi piace e il formato non è ingombrante) e uno, Non ti muovere, della Margaret Mazzantini, regalatomi da mio zio. Una penna forte, incisiva, poetica. L'ho letto d'un fiato, facendo la nottata in bianco, come un tempo, quando non avevo impegni. Ho pensato se anch'io, avendo una figlia tra la vita e la morte, potrei passare in rassegna il mio passato. Di primo acchito l'idea di riuscire a scansare l'angoscia mi pareva impossibile, ma poi ho ricordato momenti parimente tragici e ho rivisto me stessa immedesimata, rannicchiata all'interno di un bozzolo sempre più fitto, intenta a denudarmi, intessendo ricordi, scovandoli, per non essere costretta ad affrontare il dolore lancinante della realtà. Un libro che rileggerò con più calma, per poter assaporarlo. Liliana p.
Mi pare cosa buona e giusta che sia io stesso a rompere il ghiaccio. Lo faccio parlando di una lettura appena conclusa: Robert McLiam Wilson, Eureka Street (1996) Questo l'ho divorato (nella bella traduzione dall'inglese di Lucia Olivieri): è un libro denso e divertente, drammatico e romantico, tragico e comico ad un tempo. Più o meno come la vita. Ambientato a Belfast, il romanzo si dipana su uno scenario permeato di violenza e crudezza, ma non tradisce il suo incipit: "Tutte le storie sono storie d'amore." I personaggi non dimenticano di essere vivi e non si fanno dimenticare dal lettore, che fatica a separarsene anche dopo aver girato l'ultima pagina. Giulio Pianese, ovvero Zu 6.8.02
La lettura è un piacere dell'essere intero, l'intensità prolungabile all'infinito... e il piacere raddoppia se viene condiviso.
Per questo vi invito a rendere pubbliche le impressioni o le emozioni suscitate in voi dai libri: capitati sottomano per caso o cercati con determinazione, le nuove scoperte e i ricordi più antichi, quelli che non dimenticherete mai e quelli che non avreste voluto leggere, i testi che si divorano insaziabilmente e perfino quelli che si abbandonano (uno dei diritti del lettore esercitati più di rado)... Uno scambio di consigli, segnalazioni, pareri...
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