Letture e riletture


23.10.03
Contributo inviato da Carlo Annese
Ho riscoperto il piacere della lettura: non per sottolineare qualcosa da analizzare o su cui riflettere o semplicemente da segnalare, ad alta voce; ma per la voce che dalle pagine si leva verso le mie orecchie interiori. Continuo a pensare, analizzare, valutare e considerare ma senza la preoccupazione di mettere da parte i fili per svolgerli appena mi fossi seduto davanti a un computer. A volte mi manca, spesso però mi accorgo di quanto pensare/bloggando o bloggare/pensando abbia relativamente accorciato il mio respiro.
Per respiro ampio, per esempio, intendo quello che si avverte leggendo i profili di sportivi che Emanuela Audisio, giornalista di Repubblica, ha raccolto in Bambini infiniti. Emanuela è una cara collega-amica con la quale ho condiviso olimpiadi e campionati del mondo: il mio giudizio, dunque, rischia di essere condizionato. Credo, però, che il suo modo di scrivere e di fare giornalismo sia originale, diverso, in qualche modo superiore, a prescindere dalla considerazione personale. È il frutto di un lavor(i)o interiore, di letture e soprattutto di una capacità di visualizzazione delle persone e delle cose che non è facile realizzare e trovare. E che è necessario saper usare con equilibrio, senza sprechi.
Carlo Annese



17.10.03
Rilettura inviata da Auro
Sulla pelle viva, di Tina Merlin.
Lo avevo già letto, ma il libro mi era stato prestato. Ho approfittato dell'offerta dell'Unità per acquistarne una copia e tenerla per me. Se avete visto (e se non lo avete visto fatelo, c'è il DVD in edicola a 7,99 euro) il Vajont di Paolini sapete già tutto. Molte parti dello spettacolo sono riprese pari pari dal libro, di cui è sfruttata soprattutto la parte documentale.
Il libro è un colpo al cuore, una calamita che ti prende e ti estrania. Lo si legge di istinto anche in metropolitana durante l'ora di punta perché ha la capacità di spostarti con il corpo sui monti di Belluno e con la testa negli anni '60, e anche prima. La Merlin infatti racconta tutta la storia della grande diga, fin dal suo essere solamente pensiero nella testa di Dal Piaz. Non tralascia neanche un nome. Neanche una ruga, un morto e un sopravvissuto. Tutto lì, parola dopo parola, rabbia contro rancore, metro cubo di cemento armato contro metro cubo di roccia e di montagna.
È la storia di uno scandaloso silenzio e di un poderoso e drammaticamente controllato raggiro, in nome di un progresso che non guardava in faccia nessuno, neanche la politica, che probabilmente non ha avuto neanche il tempo di far finta di non vedere. È una storia che non si può credere vera, che non si può giustificare, che non si può e non si deve dimenticare.
Auro



15.10.03
Recensione inviata da AleRooTs
Michel Houellebecq, Piattaforma (traduzione di Sergio Claudio Perroni)
Un altro Houellebecq, un altro shock. Gli ingredienti di base sono gli stessi che mi avevano atterrito al tempo della lettura di Le particelle elementari.
Protagonisti grigi, che non trovano il loro senso in una Francia - un Occidente - che non comprendono e in cui non si riconoscono. Calzanti applicazioni in vivo della scala dei bisogni di Maslow; non hanno difficoltà a soddisfare le esigenze "vitali": impiegati statali, posto fisso, rendite sicure, sono quindi pronti per salire al gradino superiore, desiderare qualcosa di più, perché così è la natura umana. Ma il "qualcosa di più" che la società occidentale propone, prodotti di marca, vita culturale, dedizione al lavoro, possibilità di viaggiare, non possiede alcun significato ai loro occhi. Ecco allora attorno a loro aprirsi un vuoto totale, un senso di nulla denso e invadente che pervade lo spazio e il tempo, e lascia sopravvivere solo un cinismo estremo e disperato. Nessuno spazio alle emozioni, il mondo è inquadrato in una visione totalmente razionale. Totalmente razionale e senza soluzioni né prospettive. La vita, l'esistere in sé, non ha alcun tipo di significato.
Solo il sesso, e questo è l'altro fortissimo elemente caratterizzante, sembra poter emanare qualche raggio luminoso nel grigio globale. L'autore non lo dice, ma è facile capirne il ruolo. Attraverso il sesso l'uomo perde temporaneamente il completo controllo cerebrale su di sé, e sulle proprie sensazioni. L'unica possibile via di fuga, pochi istanti di piacere primordiale per dare senso a esistenze vuote di significato. Ma, totalmente fine a sé stessa, questa via di fuga si rivela ben presto nient'altro che un vicolo cieco.
Ma in Piattaforma Houellebecq non si ferma alla prese di coscienza dell'inutilità dell'essere. Offre a Michel uno spiraglio, una ragione di felicità; una felicità vera, ben più profonda e completa degli effimeri brandelli di gioia al culmine dell'estasi sessuale. Una donna ovviamente, come nella più collaudata, e forse banale, tradizione narrativa. Una donna, ovviamente, speciale: affascinante e bella, amante del sesso e in carriera, quasi un pesce fuor d'acqua nello scenario anonimo e demotivato dipinto nel romanzo. E il cinico e rassegnato burocrate riesce a trovare in lei, nell'amore che - mai citato - li lega, nella reciproca gioia del procurarsi piacere a vicenda, una ragione nel vivere, una fonte di mai sperata speranza.
"...potevo sopravvivere grazie a una donna, una donna da amare e rendere felice..."
Dicevo, in questo libro H. non si limita a teorizzare la vacuità assoluta della vita, no, in un impeto di sadica crudeltà concede al suo personaggio di assaggiare la gioia completa dell'amore, solo per poter poi farlo precipitare, un tremendo ritorno alla condizione ex-ante, un passo indietro terribile e violento, uno shock impossibile da assorbire per l'anima che coinvolta e illusa dall'amore e dalla speranza allenta le difese nell'aprirsi all'altro.
Scioccante da leggere, è impossibile rimanergli indifferenti; qualsiasi dubbio esistenziale ne esce amplificato e ingigantito nelle sue conseguenze, e ancora più sconvolgente è l'accorgersi dei tanti, troppi, punti in comune tra la propria vita e il cupo mondo descritto nel tascabile appena concluso.
...ale...



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