Letture e riletture


15.1.04
Recensione inviata da Ale RooTs
Erri De Luca, Il contrario di uno
Non conoscevo per nulla Erri De Luca, questo è il suo primo libro che leggo. Una serie di 18 racconti, caratterizzati da temi ricorrenti, ma slegati l'uno dall'altro. Il filo conduttore è quello del titolo, il rapporto fra l'Uno, la solitudine, e il Due, che, per usare le sue stesse parole, "non è il doppio, ma il contrario di uno".
Lo stile è particolare, riconoscibile. Ruvido, ma allo stesso tempo avvolgente e delicato, leggere le sue pagine è un piacere estetico, un entrare nei bozzetti che dipinge con fedeltà verista. Scritto con fare autobiografico, i racconti ripercorrono le tappe di una vita, si vivono le situazioni in prima persona; i temi toccati ruotano attorno ad alcuni soggetti principali: un viaggio in Africa, le ascensioni in montagna, le lotte di classe contro la polizia, l'emigrazione continua, i lavori umili e faticosi.
Ho letto questo libro, l'ho apprezzato, pur accorgendomi di non condividere tutte le idee che ci stanno sotto l'ho preso come una testimonianza, quasi storica, dei tempi passati, che io non ho vissuto. Invece molti dei fatti reali citati nel libro sono anche recenti, e nelle note autobiografiche si legge l'anno di nascita dello scrittore, napoletano classe 1950; l'impressione è che quello che lui descrive, benchè attuale e contemporaneo, sia filtrato, storpiato con una visuale vecchia, rimasta a qualche decennio fa, ancorata a un classismo sociale che non esiste più, animata da moventi e ideali ormai superati dall'avanzare del sentire e della società italiana. Non so dire se questo fosse nelle intenzioni, un tratto caratterizzante del suo stile, o invece un attributo di quest'unico libro, solo ulteriori letture mi permetteranno di capirlo; per ora rimango con l'amaro in bocca ma diverse immagini profonde e toccanti nella memoria.
...ale...



12.1.04
Eduardo Mendoza, Il mistero della cripta stregata, 1979 (traduzione di Gianni Guadalupi)
L'autore, classe 1943, è di Barcellona come il compianto Vásquez Montalbán, ma in questo giallo l'investigatore esula anche dai canoni meno convenzionali del poliziesco: il motivo per cui accetta di occuparsi di un'inchiesta difficile, rischiosa e delicata è la promessa di essere dimesso dal manicomio in cui si trova recluso da anni.
A permettergli di condurre l'indagine sono qualità come l'autoconsapevolezza e il ricco eloquio:
sono, in effetti, o fui, piuttosto, e non in forma alternata bensì cumulativamente, un pazzo, un pervertito, un delinquente e una persona di istruzione e cultura deficienti, poiché non ebbi altra scuola che la strada né altro maestro che le cattive compagnie di cui seppi circondarmi, ma non ebbi mai, né ho tuttora, alcuna sfumatura di stupidità
uniti a un indiscutibile autocontrollo:
In circostanze normali mi sarei lanciato sull'infermiera e avrei tentato di palpeggiare con una mano le pere gonfie e succose che si ribellavano al niveo amido dell'uniforme, e strapparle con l'altra la Pepsi-Cola, bere a canna e forse prorompere in rutti a sazietà. Ma in quel momento non feci nulla di simile.
Ad accompagnarlo sono una grande capacità di adattamento, l'intraprendenza e il fetore delle esalazioni che emana, non essendogli stato concesso nemmeno il tempo di fare una doccia. Tra mille peripezie, interessanti incontri e sbalorditive scoperte, il nostro puzzolente eroe si aggira nella Barcellona del postfranchismo frequentandone abusivamente bassifondi e quartieri ricchi, immondezzai e salotti bene, feccia umana e procaci fanciulle bene educate.
Seguendolo, constatiamo come in fondo alla pazzia si trovi la saggezza, quando ci ricorda che non è la fine del mondo se una cosa non corrisponde perfettamente alle nostre aspettative, e che ci sarebbero state altre occasioni di dimostrare il mio valore, e che se non c'erano avrei saputo inventarmele. Semplice esaltazione delle potenzialità della fantasia o meta-allusione alla finzione di ogni racconto?
La lettura scorre divertente, con una narrazione molto suggestiva dal punto di vista sensoriale e fin troppo da quello olfattivo. Le vicende ben s'attagliano all'originalità dei personaggi senza mai ledere la coerenza interna di una storia i cui toni grotteschi non contraddicono ahimè la cruda realtà.
Giulio Pianese, ovvero Zu



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