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26.2.04
Recensione inviata da Marco Di Porto Jonathan Franzen, Le correzioni (traduzione di Silvia Pareschi) All'uscita de Le correzioni, molti hanno criticato Jonathan Franzen e molti lo hanno acclamato. Chi lo ha criticato vi ha trovato un eccessivo autocompiacimento e un po' di noia. Gli apologeti ci hanno visto invece il tentativo di costruire una nuova epopea americana, di dipingere un affresco degli Stati Uniti prima potenza mondiale, patria del benessere, e del gap che separa i padri dai figli. Va detto che in effetti i due punti di vista non si escludono a vicenda. Se il tono di Jonathan Franzen è un po' forzato - e forzatamente ironico, va detto che non si possono liquidare queste seicento pagine, frutto di un duro lavoro, così su due piedi. La storia è questa. Denise, Chip e Gary sono i figli di un uomo conservatore, Alfred, freddo depositario dei valori della vecchia America: lealtà, correttezza, pudore, senza del dovere. Denise, contro la volontà dei genitori, è una cuoca di successo ed ha alle spalle un matrimonio fallito con uno chef di religione ebraica; Chip è un ex docente universitario, radiato dall'università per una relazione con un'allieva, che ora tenta senza successo la strada della sceneggiatura (dei tre è quello più in conflitto con la famiglia); Gary è apparentemente un uomo di successo, si occupa di investimenti e ha sposato una donna ricca dalla quale ha avuto due figli, ma è depresso e insoddisfatto. Alfred li vorrebbe riunire tutti e tre per un'ultima cena di Natale, ma i nodi, come si suol dire, vengono al pettine. L'autore si è cimentato in un genere (l'affresco di un'epoca, di una società) che solo i grandissimi sono riusciti a gestire. Franzen scrive benissimo e sa cogliere con acume sfumature e distorsioni di un mondo in cui i valori sono decaduti - o, perlomeno, fortemente mutati. Ma non è Steinbeck. Si sente che procede un po' a tentoni, dando un colpo al cerchio (la Letteratura) e uno alla botte (il lettore). Prova a essere simpatico, e in certi momenti ci riesce pure, ma l'impressione di chi legge è di assistere a una storia troppo ammiccante, forse un po' insincera. Franzen indugia, ci parla di cose di cui non ci frega nulla - e, visto che non riesce ad appassionarci, probabilmente non frega nulla neanche a lui (pesantissima la parte in cui è descritta la storia di una ferrovia del Midwest in cui Alfred ha lavorato). Insomma, lodevole il tentativo, ottima scrittura, ma Le correzioni non riesce a toccare le corde giuste, lasciando un po' freddi. Marco Di Porto
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