Letture e riletture


7.2.04
Recensione inviata da AleRooTs
Vikram Seth, Autostop per l'Himalaya
Un diario di viaggio, un racconto quasi giorno per giorno del percorso, degli incontri, dei pensieri e delle osservazioni. Autostop per l'Himalaya è scritto interamente in prima persona, nel dipanarsi del viaggio che, durante l'estate del 1983, attraverso la Cina, il Tibel e il Nepal porta l'autore a Delhi, in India.
Il protagonista è un ventinovenne studente indiano, che dopo alcuni anni passati a studiare in Europa e negli Stati Uniti, si trova per delle ricerche a trascorrere due anni a Nanchino, nella Cina Orientale; l'idea è quella di passare le vacanze estive finalmente a casa con la famiglia, ma anziché ritornare con un normale volo aereo, Vikram opta per un percorso "più interessante"; percorso che lo porterà dallo Xinjiang ad attraversare Tibet e Nepal, prima rimediando avventurosi passaggi sui tir diretti a Lhasa, e poi addirittura a piedi per un buon tratto, a causa della recente alluvione che aveva portato via con sé il Ponte dell'Amicizia.
Ho sempre apprezzato i libri "di viaggio", certo non è come viaggiare in prima persona, ma permettono comunque di venire a conoscenza di luoghi e culture che non ci appartengono, di allargare i propri confini mentali, di uscire dalla quotidianità di azioni e paesaggi; da questo punto di vista questo diario-racconto è doppiamente appezzabile: porta alla scoperta di culture lontane, quella intricatissima cinese e quella millenaria e martoriata tibetana, ma questa scoperta avviene attraverso gli occhi e la mente di un giovane indiano, quindi appartenente lui stesso a un popolo lontano con abitudini e stili di vita lontanissime dalle nostre usanze europee o comunque occidentali.
Le pagine corrono via veloci, affascinando e coinvolgendo con le loro incisive descrizioni, e degli ambienti diversissimi che caratterizzano il viaggio, e dei fatti, un po' cronaca un po' storia, che hanno contribuito a formare i luoghi e le persone incontrati, dagli scempi della rivoluzione culturale, alle ambigue conseguenze della divinizzazione maoista, attraverso l'analisi "da dentro" dei mille risvolti dei problematici rapporti fra India e Cina.
E dopo tutto questo, dopo questo viaggio di migliaia di chilometri senza la certezza di poter raggiungere la propria meta, dopo intere settimane passate a muoversi con i mezzi più anomali e a dormire nelle situazioni più improbabili, in una delle ultime pagine l'autore se ne esce con questo pensiero: "Per essere una persona con abitudini fondamentalmente sedentarie come sono io, ho girato abbastanza a lungo; [...] Mi stupisco di quei viaggiatori che vanno in giro per luoghi sconosciuti per anni e anni. Richiede un attitudine mentale capace di essere maggiormente appagata dal presente di quanto sia la mia."
Quando qualche riga sopra parlavo di "diversità dei punti di vista"...
ale



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