Letture e riletture


18.11.03
Rilettura inviata da Elisabetta Mori
Ivo Andric, Il ponte sulla Drina (traduzione di Bruno Meriggi)
Il ponte del Visir, la vita sulla "porta"
Tra le tante opere monumentali danneggiate dalle guerre, c'è il famoso Ponte di Visegrad, conosciuto come “Ponte di Mehmed Pasa Sokolovic”, il visir che lo fece costruire, oppure solo “Ponte sulla Drina” dal titolo del libro del Nobel Ivo Andric. Oltre ad esser stato danneggiato durante il conflitto, negli ultimi anni aveva sofferto a causa delle inondazioni provocate dall’attività della centrale idroelettrica di Visegrad.
Ma il ponte non è solo il titolo del più famoso libro di Andric, è l'epopea di tutto un popolo, posto alla confluenza di due mondi, il cristiano e l'islamico, di due imperi, l'asburgico e l'ottomano, crogiolo di diverse culture, crocevia di razze, religioni, civiltà diverse. Testimone di avvenimenti storici e drammi quotidiani, della gioia e più spesso della sofferenza, il ponte sulla Drina è stato per secoli l'emblema di un mondo arcaico ed affascinante basato sui valori dell'onore e della dignità, un mondo lontano dal nostro tempo e dallo spazio europeo.
Ecco un breve assaggio:
Nel pilastro centrale del ponte, sotto "la porta", si trova un'apertura più grande, uno stretto e lungo uscio privo di battenti, simile a una gigantesca feritoia. Nel pilastro, si racconta, c'è una grande stanza, un'oscura sala in cui vive Arpin il Moro. Lo sanno tutti i bambini, nei cui sogni e nelle cui fantasie il misterioso personaggio svolge una parte importante. Si crede che colui al quale egli appare debba morire. [...] Spesso i ragazzi, dalla riva, osservano quell'apertura buia come un abisso che atterrisce eppure attrae. [...]
Sul ponte e vicino al ponte sbocciano gli amori, avvengono i primi incontri, si svolgono i primi lavori e gli affari, i litigi e gli accordi, gli appuntamenti e le attese. Qui, lungo il parapetto di pietra, vengono messi in vendita le prime ciliege e i meloni, i salep del mattino e il pane caldo. Ma qui si raccolgono pure i mendicanti gli storpi e i tignosi [...] vengono esposti appelli e proclami, venivano, fino al 1878, impiccate o impalate le teste [...] dei giustiziati [...ma] non possono attraversare il ponte né cortei nuziali né funerali senza che prima ci si fermi alla "porta".
Elisabetta Mori



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