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29.12.08
Recensione inviata da Carlo Giuseppe Diana Dalla raccolta di racconti Il sogno di mia madre di Alice Munro (traduzione di Susanna Basso) "Una donna di cuore" Una tecnica che la Munro usa spesso sta nell'intrecciare tempi diversi del racconto, ricomponendoli ognuno attorno a un personaggio o a situazioni particolari. Il racconto è scandito in episodi (Jutland, Arresto cardiaco, Errore, Bugie) che si legano gli uni agli altri solo con l'evoluzione matura dei fatti narrati. Jutland è il fiume in cui D. M. Willens, un anziano optometrista, viene ritrovato morto all'interno della propria auto. La minuziosa descrizione della vita familiare dei ragazzini che hanno ritrovato il cadavere e che poi escono definitivamente di scena è leva letteraria con cui la Munro lega il lettore all'ambiente in cui prenderanno spessore i fatti successivi. Arresto cardiaco è il capitolo nel quale nascono i personaggi fondamentali del racconto: Enid e la signora Quinn, due giovani donne. Una assistente volontaria per un ex voto offerto al padre in agonia. L'altra, toccata da un brutto male, entra in scena già destinata a morire in poco tempo. Qui la Munro propone la svilente relazione tra il rancore verso la vita che abita la Quinn e la capacità o l'incapacità di accoglierlo dell'altra donna, quando addirittura non si tratti di un cinico e meditato conformismo di Enid dinanzi alle ultime necessità della moribonda. Estrema, com'è ogni verista rappresentazione del femminino proposto dall'autrice, quella relazione sembra intercettare due frustrazioni, due impotenze. In una si fa rancore e rabbia oggi liberate in forma di parola, testamento dei sentimenti inconfessati della Quinn. Nell'altra, Enid, la frustrazione per aver ceduto al ricatto paterno è passiva: sottomissione ai doveri caritatevoli, all'immagine di sé tanto diffusa tra la gente, fierezza di sua madre. Un'immagine alla quale Enid resta appiccicata e obbediente. Errore. Qui si legano i due capitoli precedenti. L'uomo annegato torna nel racconto attraverso una sorta di confessione liberatoria sul letto di morte, un carico che la Quinn affibbia a Enid. O è solo per infettare con le sue ultime parole velenose anche l'immagine del marito che ne esce assassino? In verità non si è mai certi di cosa davvero sia accaduto nel fiume Jutland. Saranno veri gli approcci sessuali del sig. Willens nei confronti della Quinn, reali le violenze subite da lei in modo silenzioso e senza apparenti resistenze? Enid è dubbiosa, come pure il lettore riguardo alla scena che racconta l'omicidio. Bugie. L'incertezza si fa regina nel finale. Il dubbio di Enid si risolve in assoluzione o in condanna della ormai defunta signora Quinn? Enid sceglie la vita e volge il dubbio in speranza. Prima ancora di credere o non credere, sceglie la vita: la propria, riscoprendo il desiderio per troppo tempo latitante in sogni osceni e improbabili rapporti sessuali, che oggi riconosce nell'osservare Rupert; quella degli altri, delle piccole figlie della defunta, dei parenti. La verità resta una sfumatura, ma c'è la certezza di una scelta. Un finale sul filo dell'eterna contraddizione fra un'etica astratta, forse a beneficio di nessuno (neppure la memoria della vittima ne uscirebbe onorata) e la necessità d'una vita che deve continuare. Soprattutto le giovani vite, quelle di chi non ha responsabilità e che un ottuso perseguimento, non della verità ma del suo contrappunto ideologico, avrebbe pesantemente compromesso. Carlo Giuseppe Diana
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