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22.10.08
Recensione inviata da Carlo Giuseppe Diana Giampaolo Rugarli, Il buio di notte Protagonista è il poliziotto Mario Rossi alle soglie della pensione nella città di Milano. Il romanzo è costruito su di una particolare architettura del racconto, quasi a voler evocare la funzione formale e amministrativa della scrittura e della parola: l'allegato. Il poliziotto è chiamato a indagare sulla morte poco chiara del vescovo Monsignor Azimont, prelato a capo di una fondazione benefica ma che in realtà si occupa d'ogni tipo di affare, dal commercio di armi a quello di droga, al riciclaggio di cibi scaduti, ecc. Il singolare nome della organizzazione che vale un presagio è anche tono della amara ironia che serpeggia in ogni accadere del romanzo: "In Hac Lacrimarum Valle". Cuore del sistema d'affari e del racconto è una potente finanziaria dove il denaro arriva per essere reinvestito in ulteriori business. Tutti i personaggi ruotano attorno alla fondazione che, a guardar bene, è pretesto narrativo per mettere a nudo l'abiezione umana, fuori d'un impossibile patteggiamento retorico. Ogni passaggio è un "allegato" alle memorie che Mario Rossi va scrivendo nell'ultimo periodo di servizio presso il suo commissariato. I ricordi di gioventù s'intrecciano alle vicende del caso Azimont. Ma neppure lì si scorge un contrappeso alla miseria umana che il corso dell'indagine svela col progredire. Anche nel rievocare gli anni più fervidi della sua vita, Rossi annota sullo stesso registro disillusione, amarezza e abuso materiale e morale della buona fede e dei sentimenti altrui. Si potrebbe dire che sia il tradimento il vero protagonista: da come i diversi personaggi ne abusano fra loro, osservando quello del clero nei confronti degli stessi principi religiosi e umani su cui fonda. I tradimenti politici e amministrativi, poi, spiccano per la intrecciata complicità degli uni con gli altri a danno delle povertà più misere. Infine, anche l'amata Luisa che Mario Rossi non ha mai smesso di cercare, a volte nella pura fantasia, ha tradito. Lo ha fatto in modo così radicale che il suo nome ora indica un'altra persona. Un'altra Luisa congeda il lettore e infila una speranza nel buio di notte. Pregio letterario potrebbe sicuramente annotarsi per i diversi stili usati nella trascrizione delle rispettive memorie dei personaggi principali, indirizzate alla vittima Azimont, da lui sollecitate quando ancora in vita. I testi entrano in possesso di Mario Rossi il quale, a sua volta, li riporta come "allegati" alle proprie memorie. In verità gli stili non sempre riescono a stabilire una convincente conformità alla struttura caratteriale del personaggio estensore e del suo vissuto. Ma il tentativo, a volte anche riuscito, è già in sé pregio d'una scrittura che, se eccede la forma del romanzo, non si lascia confinare in quella del diario e propone un'articolazione molto varia di elaborazione letteraria, consentendo al linguaggio "parlato" di assumere forte dignità nel testo scritto. Il buio di notte può essere metafora quanto "In Hac Lacrimarum Valle", ma è anche una condizione periferica in cui diversi personaggi si rifugiano o tentano di farlo, come la vittima Azimont. È l'assenza di luce eccessiva, del bagliore centrale del potere che consente di riscoprire le stelle, una direzione, la speranza. È la risposta al cinismo disincantato, alla rassegnazione. Carlo Giuseppe Diana
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