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2.10.06
Recensione inviata da Carlo Giuseppe Diana Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi Vorrei cominciare dalle note dell'autore dopo il racconto. Tabucchi dichiara nelle note di aver intrecciato fatti storici, sentimenti personali e ricorrenze familiari. Lo spazio storico degli eventi raccontati è lì già precostituito (1938 vigilia e preparazione del regime salazarista in Portogallo, della seconda guerra mondiale, in piena dittatura franchista) e il personaggio andrà a occuparlo crescendo e forgiandosi pian piano nell'immaginazione dell'autore. Tutto nasce con la morte del giornalista reale che ispira il personaggio Pereira. Appunto la morte, il sentimento di morte, segnerà costantemente il personaggio. Nel racconto la morte non sarà mai sottesa, nascosta, non detta, ma resterà un argomento disvelato senza tabù, già dalle prime righe del romanzo. L'argomento, di solito cupo, è però trattato sul filo dell'ironia con passaggi giocosi (il sorriso della foto della moglie morta e i quotidiani colloqui con lei) perché contrapposto alla vita, alla voglia di vivere dichiarata dal giovane Monteiro Rossi e alla vitalità dell'amore che lega questi a Marta. La cupezza dell'idea di morte si spegne nel sentimento filiale di Pereira verso i due ragazzi, trasformandosi in speranza di cambiamento, in impulsi vitali e interrogativi che scuotono il personaggio. Così, in questo quadro il sentimento che lega Tabucchi alla figlia, accennato nelle note, non resta estraneo al racconto e sembra giocare un ruolo decisivo nell'abbandono graduale dell'atteggiamento depressivo iniziale di Pereira. La vitalità della gioventù fatta propria grazie al sentimento filiale, sembra la spinta necessaria a Pereira per trasformare la rassegnazione in ribellione, attraverso un percorso di lenta maturazione. E ancora, i buoni sentimenti del cattolico non mancano al fondo dell'animo di Pereira e sembrano più il terreno sul quale si consuma la contraddizione intima di un'epoca che la declamazione di principi inderogabili, soprattutto attraverso il racconto dei fatti per bocca di Padre Antònio. Infine il sogno, tutto ciò che è sogno o fantasia non può rappresentarsi in quel racconto. Più volte Pereira dichiara apertamente che i sogni nulla hanno a che fare con questa storia. Si tratta evidentemente di un altro piano di lettura del romanzo, il più provocatorio per un verso e il più orgogliosamente e rigorosamente separato dai sentimenti umani: la struttura di un processo. Quel "sostiene" che regge il racconto del personaggio lo isola da ogni contaminazione sentimentale e ne fa il freddo testimone della propria storia. Posizione rigidamente osservata durante tutto il racconto/testimonianza, anche dinanzi alla vile uccisione, morte tragica e violenta, di Monteiro Rossi personaggio/figlio. L'atteggiamento di Pereira, pur culminando in un atto di ribellione e di pubblica denuncia, resta glaciale sotto il profilo emozionale, a custodia della separatezza dei sentimenti personali che sembra debbano restare in qualche modo puri, non contaminati da indagini d'ogni tipo e devono, almeno quelli, preservarsi fuori dalla violenza di ogni valutazione non condivisa dal soggetto. Come ho già detto, a me pare rilevante nel romanzo la tensione che sta fra le età, sia come filo di comunicazione tra diversità sia quale campo magnetico tra vita e morte. È un po' il groviglio di sentimenti davanti al pensiero e alla figura di un figlio: la sua poca vita vissuta che spinge quell'altra ancora da vivere; la sua vitalità che a volte si fa voracità, i suoi piccoli progetti, il futuro da lui immaginato e il suo corpo giovane. L'idea del tempo che si consuma e che inevitabilmente richiama la sensazione delle cose che invecchiando moriranno, risulta magicamente un sollievo. È un po' come vivere dentro quel corpo giovane, delle sue stesse sensazioni e rubargli un po' di vitalità senza sottrarre nulla a lui. L'immagine deprimente dell'invecchiamento e della morte diluiscono in una promiscuità (vita/morte) più accettabile dove anche l'ultimo istante di vita può accogliere un progetto. Non è tanto l'idea che una parte di sé sopravvivrà alla morte attraverso il figlio; non un semplice gioco di tempi dove si proiettano immagini, quanto la sensazione presente, attuale d'essere lì in quel corpo, adesso, con una parte di sé. Carlo Giuseppe Diana
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