Letture e riletture |
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impressioni o le proprie emozioni. |
14.6.06
Recensione inviata da Annamaria De Simone Benedetta Craveri, Amanti e regine. Il potere delle donne "Fortunato sei tu, Lettore, se non appartieni a quel sesso che, privato della libertà, è interdetto da tutti i beni... Un sesso a cui, come sola felicità, come uniche e sovrane virtù, si lasciano l'ignoranza, la servitù e la facoltà di passare per stupido, se questo gioco gli piace". (Marie de Gournay, 1626) Di certo non fu questa la facoltà che esercitarono di preferenza le donne di cui racconta Benedetta Craveri in Amanti e regine. Il potere delle donne, uscito nel 2005 presso Adelphi e già giunto alla quinta ristampa. L'autrice insegna letteratura francese, ed è dalla storia di Francia che il libro trae la sua materia femminina. La rassegna delle regine e delle favorite dei re di Francia, da Caterina de' Medici (secolo XVI) a Maria Antonietta (fine Settecento), è nata nelle pagine culturali della Repubblica, dove ci aveva deliziato qualche estate fa, fino a costituire un libro a sé. Circa venti ritratti di donne che, dal limitato cantuccio dovuto al pregiudizio misogino della società moderna, hanno saputo o almeno tentato di agire sul governo monarchico, sul gusto culturale, sulla moda, sul mecenatismo artistico, grazie al potere che il rango o il letto accordavano loro. Le figure di Diana di Poitiers, della "regina Margot", di madame de Montespan, della marchesa di Pompadour ci vengono presentate con il supporto di una quantità di fonti, letterarie e documentarie (memorie, lettere private), e insieme a loro quelle dei re di cui furono mogli o compagne, dei personaggi di corte e della società mondana dell'epoca. L'impianto è storico-biografico più che narrativo, ma il libro riesce comunque a catturare l'attenzione del lettore con una prosa scorrevole e con gusto attento a cogliere i moventi e i risvolti psicologici delle diverse vicende. Annamaria De Simone 8.6.06
Recensione inviata da Matteo Ferrario Tiziano Sclavi, Il tornado di valle Scuropasso. Un thriller ufologico, Mondadori 2006 A otto anni dalla pubblicazione di Non è successo niente, quello che a detta dello stesso autore doveva essere il suo ultimo romanzo, Tiziano Sclavi per nostra fortuna ci ha ripensato. Come consuetudine di questo scrittore riservato e umilissimo, eppure tra i più innovativi che si siano visti in Italia negli ultimi vent'anni, Il tornado di valle Scuropasso è ben più del thriller ufologico promesso nel sottotitolo. Mentre molti suoi contemporanei italiani si affannano a tracciare una linea di confine fra letteratura e intrattenimento, per poi cercare cittadinanza nella prima, Tiziano Sclavi non si pone nemmeno il problema. Il fatto che i più lo conoscano come il creatore di Dylan Dog, ignorando o sottovalutando una produzione letteraria di primissimo livello, gli importa così poco che inserisce nel nuovo romanzo un estratto dalla sceneggiatura di Memorie dall'invisibile, una delle storie più celebri dell'indagatore dell'incubo. Con una lingua sempre più scarna, Tiziano Sclavi plasma un testo di centocinquanta pagine che si divorano con la facilità di un fumetto ma non per questo sono meno sofferte. Come il Bret Easton Ellis di Lunar park, ma con lo sguardo atterrito di Sogni di sangue e l'ironia di Nero o Dellamorte Dellamore, Sclavi parte da una materia autobiografica che in realtà è solo l'involucro del mondo che vuole farci intravedere. Proprio dagli smottamenti e dalle deformazioni di questa superficie - la vita isolata dello scrittore presso la cittadina di Buffalora, dopo il divorzio che l'ha visto ricadere in un abisso di solitudine e depressione - possiamo intuire l'esistenza di una o più realtà parallele, in cui gli elementi di genere non sono che strumenti per sondare la psiche del protagonista e portarne alla luce i fantasmi. Del miglior Sclavi c'è tutto: la paura del mondo esterno, l'incombere della figura della madre, lo sguardo impietoso sull'ingannevole calma della provincia lombarda, la riconosciuta influenza di Buzzati, la capacità di avviluppare il lettore in un racconto circolare fatto di apparizioni, allucinazioni, segni. Un grande romanzo sulla malattia mentale e sul peso del passato. Bentornato Tiziano. Matteo Ferrario
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