Letture e riletture |
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12.12.05
Recensione inviata da Annalisa Fassone È uscito da poco presso la casa editrice Ennepilibri di Imperia un piccolo volume di narrativa che racconta una grande storia. Francesco Giovannini lo ha scritto chiaramente con l'intento di fare delle proposte, non soltanto della letteratura: si parla di un'umanità impazzita, che stabilisce la divisione dei mari e degli Oceani, come già da millenni è avvenuto per le terre. Gli Stati acquisiscono così un loro territorio marino (Dei domini del mare si intitola il libro) che diventa parte integrante della Nazione: su di esso possono impiantare piattaforme estrattive, riscuotere pedaggi, tenere allevamenti ittici, compiere ogni sorta di sfruttamento; possono naturalmente venderlo ai privati. Ma i singoli personaggi scoprono attraverso le loro vicende paradossali che la spartizione delle acque è una follia, e proprio come ogni follia sta generando mostri. I laboratori genetici sfornano nuovi modelli di pesci, i commercianti internazionali lucrano sui lotti marini, qualche dittatore nano svende subito tutto per i soldi; nel piccolo cosmo di ognuno accade qualcosa di infinitamente tenero, come al piccolo bimbo muto che non ha mai visto terra, o di straordinariamente ridicolo, come all'illustre professore di archeologia marina bidonato dal proprio rivale. Questa umanità modesta ma sofferente sarà inconsapevolmente "redenta" da un piccolo vecchio pescatore, un primitivo col senso però della natura e del limite umano, il quale di fatto vince proprio perché la sua è una ecologia interiore, non costruita su una teoria, ma sulla poesia della propria esistenza e della propria resistenza. E perché non ha mai voluto combattere nessuno. Tra le tante prove di fantasia dell'autore, segnalo proprio la lingua del pescatore, inventata tra latino spagnolo e qualcos'altro, nella quale, oltre a vari passi, è scritto il bellissimo inno finale nella grotta assediata dalla polizia: In mare gravoso, / tempesta de vento / Te posa in mi prua, / timone ne allegna / e alluma mi vista / al fulgendo de l'astro, / a la lampa del faro, / recanteme al porto de paz / de donde imbarcai. Una favola fantaecologica regalata ad adulti e giovani assieme al suo contenuto di denuncia e di profezia; non a caso il testo si apre con una prefazione intensa, scritta da un gesuita, per il quale Dei domini del mare si offre, in quanto favola, come "strumento privilegiato per trasmettere valori morali e per suscitare nel lettore interrogativi e riflessioni che aumentino la consapevolezza della realtà e il senso di responsabilità." Annalisa Fassone
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