Letture e riletture


25.10.05
Recensione inviata da Sbloggata
Ken Harvey, Ragazzo di zucchero (traduzione di Carlotta Scarlata)
Nove racconti, splendidi. Ironia e sentimenti, dolore e coraggio, la provincia americana e l'oceano che non danno spazio a orizzonti di fuga, la piccola città di Lynn, Massachusetts, dove "la cosa più vicina a uno spazio aperto è il parcheggio del centro commerciale". Questo il Ken Harvey di Ragazzo di zucchero.
Delicatissime sono le narrazioni in cui scelte audaci, scoperte amorose e adolescenziali, anziani eccentrici e genitori scompostamente eterosessuali delineano i contorni di un'omosessualità che nasce fra le mura di casa, nella quotidianità di un rapporto familiare, nella freschezza di un'amicizia.
In ogni scelta, in ogni scoperta, su ogni cammino la sofferenza e il dolore sono lasciati intuire, sono appena percepibili, eppure sembrano esplodere quando il libro viene chiuso, quando l'ultima pagina palesa una realtà che non ha più bisogno di prove per esistere.

Il primo racconto, "Rovesciando le mucche", è delicatamente adagiato sulla violenza di ciò che narra, le parole sono come pennellate leggere imbevute in tonalità morbide, capaci di squarciare come fiamma viva il silenzio di un tramonto.
Mio padre disse: "Eravamo nel Vermont. La zia Sylvie mi svegliava nel cuore della notte e insieme andavamo nei campi a rovesciare le mucche. Devi trovare delle mucche addormentate, poi le tocchi piano piano con le dita, così". Mio padre sollevò le mani e aprì bene le dita. "E quelle si rovesciano nel sonno, senza nemmeno accorgersene. È divertentissimo."
"Le mucche non si fanno male?"
"Non sentono niente è la cosa più normale del mondo." Si sedette accanto a me sul divano. Mi disse di sollevare le mani e di aprire bene le dita. "Rovesciami," disse.
"Sono stanco papà."
"Solo una volta. Di solito io e zia Sylvie lo facevamo l'uno con l'altra dopo averlo fatto alle mucche."
"Papà," dissi, divincolandomi sul divano.
"Signor Bolle, ti amo" l'ho letto e riletto. L'ho fatto leggere e l'ho regalato. La storia è così preziosa che vale la pena custodirla nel più antico degli scrigni, magari di quelli con una ballerina in tutù che ruota fra le note di un carillon vellutato.
Il Signor Bolle è "quell?uomo che sorrideva sempre e profumava di sapone".
"Amavo quell?abito morbido come la seta. A volte pensavo che se l?avessi indossato in una giornata di vento, sarei volato via", questo invece è Hopi.
In quel sospiro, "Signor Bolle, ti amo", l'emozione profuma di sapone. Candida e leggera come la schiuma fattasi bolla.
Sbloggata



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