Letture e riletture


13.4.05
Recensione inviata da Renato
Chet Baker. La lunga notte di un mito, di James Gavin (tradotto da Marco Rossari per Baldini Castoldi Dalai, 2004)
Una biografia decisamente corposa del celebre trombettista: viene descritta tutta la sua vita, dalla nascita in Oklahoma fino alla morte ad Amsterdam. Va detto che Baker non ne esce bene: la mia impressione è che l'autore desiderava scrivere un'opera su un grande jazzista e dopo ricerche, interviste, testimonianze varie si è ritrovato fra le mani il materiale per scrivere quella che sembra la biografia di un drogato misogino piuttosto che quella di un musicista. Certo, Chet Baker era un drogato, ma era soprattutto un grande musicista, eppure non si ha questa impressione leggendo la sua biografia.
Si tratta comunque di un gran bel libro, scritto molto bene: sembra un romanzo.
Lui non voleva fare altro che suonare il suo strumento e cantare e sperare di lasciare qualcosa di buono dal punto di vista musicale. Questo sforzo è la cosa più bella. Stare qui a discuere perché ha fatto questo o quest'altro, o cos'altro avrebbe potuto fare, che senso ha? Io lo so cosa direbbe lui: "Di che state parlando? Tutti fanno degli sbagli. Cos'hanno i miei di tanto peggio di quelli degli altri? Lasciatemi in pace!" La maggior parte delle persone non ci provano nemmeno, non arrivano da nessuna parte, non vivono. Chet era un bugiardo, un imbrglione, un figlio di puttana, ma almeno lo ha fatto. Milioni di persone a Wall Street vanno in bagno e si bucano con su il loro bel vestito e con molta meno rilevanza nelle loro vite. È l'assenza di anima contro l'anima. Ed è per questo che le persone gli gravitavano intorno. Lui sapeva davvero dove si dirigeva spiritualmente. Chet era uno spirito libero, il che significa che era in contatto con il suo spirito. (Ruth Young)
Renato (night passage)



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