Letture e riletture |
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28.12.04
Recensione inviata da Ale Roots
Disturbo della quiete pubblica di Richard Yates (traduzione di Mirella Miotti) Devo ringraziare la casa editrice Minimum Fax, che con la sua collana 'Classics' mi ha permesso di scoprire e apprezzare tra gli altri due fondamentali scrittori americani altrimenti praticamente introvabili in Italia: John Barth e Richard Yates. Di quest'ultimo è Disturbo della quiete pubblica che, come il precedente Revolutionary road prova a fare luce sul lato oscuro del 'sogno americano', puntando i riflettori su un -apparentemente- normale rappresentante della middle class, il newyorkese John Wilder, sposato e con un figlio, che nonostante la sconfitta universitaria riesce a portare avanti una brillante carriera nel campo della pubblicità (il pubblicitario insoddisfatto è un po' un cliché del cinema italiano dai '90 in poi: ecco, Yates ci era già arrivato nel 1975) e che sembra destinato a una tranquilla vita di soddisfazioni professionali e gioie familiari. E invece il libro è proprio la storia dal progressivo allontamento di Wilder dalla normalità, normalità intesa sia come tranquillo menage familiare, sia come normalità e stabilità psicologica. Qualche considerazione in ordine sparso. Due temi trasversali alla vicenda: Wilder è praticamente un alcolizzato, ma un po' tutti i personaggi dei romanzi di Yates bevono molto -uno dei tanti spunti autobiografici che costellano il libro- l'alcool appare come un elemento necessario per la sopravvivenza, e, cosa rara in letteratura, anche gli Alcolisti Anonimi si dimostrano vani e inadeguati. E poi il rapporto tra film e libri, tra cinema e lettura: io non sono la persona più obiettiva in questo, ma l'impressione è che Yates abbia velatamente voluto far passare il messaggio della superiorità della letteratura, dei libri, rispetto al cinema; è il cinema il pallino, il sogno di Wilder, ed è il cinema che lo porterà al collasso definitivo; e anche nella 'lotta' per la ragazza verrà sconfitto, lui che legge lentamente, e a cui questa difficoltà nella lettura ha già portato difficoltà e fallimenti, proprio da uno scrittore; anche Janice, la signora Wilder, è una forte lettrice (altra causa dei complessi, del senso di inadeguatezza di John), e alla fine lei comunque otterrà quello che cercava dalla vita: tutti aspetti che sembrano indicare nella parola scritta il cavallo vincente, e nel cinema una fonte solo di guai e illusioni. Il romanzo è interamente scritto in terza persona, ma a venirci presentato, a parte le primissime righe, è esclusivamente il punto di vista di Wilder; questa tecnica si rivela particolarmente efficace nel rendere gli episodi di grave esaurimento cui il protagonista va incontro, il suo progressivo staccarsi dalla realtà: il lettore si trova a sua insaputa trascinato nel mondo di percezioni alterate e dissociazione di cui Wilder è vittima, e riesce a rendersene conto sempre con qualche istante di ritardo, e con un certo senso di spaesamento; queste sono sicuramente tra le pagine più riuscite del romanzo. Parlando di pagine ben riuscite, impossibile non citare l'incipit e l'excipit del libro: tra i più fulminanti e efficaci che mi sia capitato di leggere. Disturbo della quiete pubblica si apre con una telefonata di Wilder alla moglie; il marito chiama per dirle che quella sera non può tornare a casa, lei chiede spiegazioni, e lui dopo qualche farneticazione finalmente trova la forza per tirare fuori il groppo che ha dentro: "Lo vuoi veramente sapere, dolcezza? Perché ho paura che potrei uccidervi, ecco perché. Tutti e due". Anche l'ultima scena (sto per descrivere dettagliatamente le ultime righe del libro, quindi se leggete oltre siatene consapevoli) vede protagonisti i due Wilder, oramai non più marito e moglie; lui è rinchiuso in una clinica psichiatrica della costa ovest, lei è in vacanza col nuovo marito, il miglior amico di John Wilder (questo delle coppie sposate di amici che finiscono per essere terreno di coltura per tradimenti e fallimenti matrimoniali è un altro dei temi tipici di Yates), e lo va a trovare. "John, non hai nessun progetto o... voglio dire... non hai mai pensato a quello che farai una volta uscito di qui?". Lui sembrò perplesso, come sei gli avesse proposto un indovinello. "Uscire di qui?", disse. Scene efficaci e battute ad effetto: elementi senza dubbio molto cinematografici: d'altronde cos'è la storia di John Wilder, che insegue il sogno di un film e finisce definitivamente sconfitto, se non proprio la sceneggiatura del film stesso? ...ale...
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