Letture e riletture |
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impressioni o le proprie emozioni. |
21.9.04
Recensione inviata da Elisa Bolchi
Un cuore così bianco di Javier Marías (traduzione di Paola Tomasinelli per Einaudi, 1999) Ci sono libri che ti arrivano per caso, capitano semplicemente nella tua vita, un regalo, un titolo o una copertina accattivanti; altri che scegli, fra più titoli, fra più autori fai i tuoi conti e scegli proprio quello; altri ancora invece li cerchi, prima ancora di sapere che esistano. È così che ho letto Un cuore così bianco: cercavo un autore spagnolo da conoscere, data la mia totale ignoranza in materia di letteratura ispanica e il mio desiderio di farmi una seppur minuscola cultura. Mi sono rivolta a un amico, docente di letteratura spagnola alla Statale di Milano. Non ci ha pensato un attimo: "Marías. Javier Marías. Corazón tan blanco è un romanzo meraviglioso. Oppure Domani nella battaglia pensa a me". Del secondo mi raccontò l'incipit, il quale mi affascinò a tal punto che il giorno dopo ero al Libraccio, (dato che era temporaneamente introvabile) a comprare una copia in un'edizione rilegata in buono stato e lo lessi con sorpresa e fatica, amando la sua densità e stupendomi della sua bravura. Rimaneva Corazón tan blanco da trovare e leggere. Mi aveva detto che il titolo ("meraviglioso", avevo detto appena lo ebbe pronunciato) era un verso del Macbeth, di Lady Macbeth e io adoro queste strizzate d'occhio ai geni che ci hanno preceduto. Non volli nemmeno avere un'idea della trama. E poi la trama in Marías potrebbe non esistere, sono le sue parole, la sua abilità, i suoi verbi e la sua punteggiatura (di cui fa un uso magistrale e impareggiabile) a tessere trama e ordito della sua pregiata narrazione. Un cuore così bianco è l'analisi dell'amore, sentimento quanto mai complesso che implica la fiducia, il desiderio della conoscenza dell'altro e la paura che ciò può comportare. Un rapporto intenso e reale quello del narratore con la moglie, sposati da poco e spesso lontani per lavoro. Altre storie si sovrappongono spesso, altre donne e altri uomini senza nessuna importanza, semplici simboli che aiutano a tracciare il proprio cammino perché aiutano e comprenderci. Marías ci narra, come sempre, un turbamento; ma oltre a narrarlo lo sviscera, ne va a ispezionare le sfumature, le sottili diramazioni che si insinuano nelle profondità dell'imperscrutabile animo umano. E lo fa con tocco colto, raffinato, mai retorico, mai pedante. Tutto ciò che leggerete in Marías avrà il peso della cultura, della conoscenza e della tradizione e la leggerezza del nuovo, del mai detto. La postilla dell'autore stesso che si trova in chiusura dell'edizione Einaudi parla proprio dell'atteggiamento dei contemporanei verso la letteratura, un atteggiamento distruttivo, che vede tutto come già detto e considera morta la letteratura. Marías rilancia un'idea positiva, realistica più che ottimista, spiegando che la letteratura è sempre servita e serve tutt'ora a riflettere. È esattamente questo che fa Marías. Tutto viene analizzato talmente in profondità che vi scoprirete a riflettere su aspetti di voi, della vostra vita, di cui ignoravate addirittura l'esistenza e queste raffinate riflessioni sono accompagnate da descrizioni di tipi umani quanto mai minuziose e caratterizzanti, un'abilità che denota la sua natura osservatrice, che è propria di tutti coloro che hanno compreso che la conoscenza viene dall'ascolto e dall'osservazione di ciò che li circonda. Elisa Bolchi
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