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21.8.04
Recensione inviata da Francesca Baroni
Un cielo così sporco di Franco Mimmi (Aliberti Editore) Chi lo ricorda? Il 13 gennaio 1994 Carlo Azeglio Ciampi, allora primo ministro, consegnò le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro: il Parlamento venne sciolto e furono indette nuove elezioni. Anche se la storia non lo afferma ufficialmente, nella cronaca giornalistica quel giorno segnò la fine della prima Repubblica e dunque l'inizio della seconda. Due anni prima era incominciata la stagione giudiziaria di Tangentopoli, pochi giorni dopo Silvio Berlusconi scese in campo con il varo del partito-impresa Forza Italia e due mesi dopo vinse le elezioni. Furono i mesi di una transizione confusa e la cui meta resta oscura, ed è quel periodo che fa da sfondo al romanzo in cui Franco Mimmi costruisce una allegoria di un presente politico e sociale che dura ancora, e di cui non si vede la fine. Il vero protagonista del libro è "Oracoli & Miracoli", una misteriosa agenzia di consulenze che offre soluzioni ai problemi di quanti sono incappati nella rete della giustizia, o in quella delle speculazioni incrociate economico-politiche in cui i ricattati sono pure ricattatori. Cervello dell'agenzia è il grasso Senatore, coadiuvato da un Giovane assistente con master del Mit ("Siamo come Nero Wolfe e Archie Goodwin, però cattivi", dice il Giovane) e da un brasiliano, Oscarzinho, con un tenebroso passato alle spalle ("Lui è la Nemesi", dice il Senatore). Negli uffici di "Oracoli & Miracoli", nei cinici salotti zeppi di gattopardi di ogni taglia e sesso, passano i tronfi personaggi di una decadenza neppure elegante ma solo ben vestita: il palazzinaro entrato in politica, il banchiere bancarottiere, il cassiere del partito, il giornalista pronto a vendersi per una direzione, il conduttore televisivo in ginocchio davanti ai potenti. Unico contraltare, il Professore, grazie al minimo di decenza che la cultura e il ricordo di qualche ideale gli conservano e gli impongono. È un mondo che richiama quello ritratto da Grosz, e sul quale si addensano le nubi di un cielo sozzo che, come avverte il titolo shakespeariano, non si pulisce senza una tempesta: l'acquazzone di Tangentopoli non basterà a schiarirlo, e solo si potrà contare, per mantenere una speranza di decenza, su quelli che Norberto Bobbio (al quale il libro è dedicato) definiva "pessimisti non rassegnati". Francesca Baroni
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