Letture e riletture


22.8.04
Recensione inviata da bartleby
Il gioco del mondo di Julio Cortázar (traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini per Einaudi)
Un romanzo che è un percorso. Un percorso che è un gioco, è quel gioco infantile in cui tutti, almeno una volta, abbiamo preso un pezzo di gesso e disegnato una griglia sul marciapiedi e dato un calcio a una pietruzza per lanciarla verso la casella del cielo.
La prima pagina che si offre alla nostra lettura è un avvertimento dell'autore che ci spiega che il suo è uno strano romanzo, ha un inizio e una fine solo se lo vogliamo. Ognuno di noi può leggerlo seguendo il percorso che preferisce: dal primo all'ultimo capitolo, oppure saltellando qua e là insieme a Horacio e la Maga vagando per la Parigi dei giovani bohémien, tirando una pietruzza e cercando di arrivare al cielo di Buenos Aires, dove la Maga si trasformerà in Talita e Horacio capirà che il senso della ricerca è proprio il cercare; il secondo saltellante percorso ce lo indica l'autore ponendo alla fine di ogni capitolo il numero del successivo capitolo sul quale saltare.
Un romanzo bizzarro quindi, molto affascinante, a volte oscuro nei suoi percorsi, che risente, a leggerlo a tanti anni di distanza dalla sua pubblicazione avvenuta nel 1962, delle atmosfere di un periodo che, per un lettore che non le abbia vissute, possono sembrare ingenue o addirittura appartenenti a una moda che non c'è più da tanto tempo.
Ma Horacio e la sua hironia (no, non è un refuso, chi ha letto il libro capirà), il suo disincantato e incantevole egoismo, il suo desiderio di trovarsi che è al tempo stesso volontà di sfuggirsi, la sua ricerca che lo conduce in un giro intorno a sé stesso, restano a lungo ad abitare la memoria del lettore, portando con sé il monito che "per arrivare al Cielo bastano un sassolino e la punta di una scarpa".
bartleby



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