Letture e riletture |
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Questo è uno spazio pensato per chi dopo ogni lettura desidera condividere le proprie
impressioni o le proprie emozioni. |
22.8.04
Recensione inviata da bartleby Il gioco del mondo di Julio Cortázar (traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini per Einaudi) Un romanzo che è un percorso. Un percorso che è un gioco, è quel gioco infantile in cui tutti, almeno una volta, abbiamo preso un pezzo di gesso e disegnato una griglia sul marciapiedi e dato un calcio a una pietruzza per lanciarla verso la casella del cielo. La prima pagina che si offre alla nostra lettura è un avvertimento dell'autore che ci spiega che il suo è uno strano romanzo, ha un inizio e una fine solo se lo vogliamo. Ognuno di noi può leggerlo seguendo il percorso che preferisce: dal primo all'ultimo capitolo, oppure saltellando qua e là insieme a Horacio e la Maga vagando per la Parigi dei giovani bohémien, tirando una pietruzza e cercando di arrivare al cielo di Buenos Aires, dove la Maga si trasformerà in Talita e Horacio capirà che il senso della ricerca è proprio il cercare; il secondo saltellante percorso ce lo indica l'autore ponendo alla fine di ogni capitolo il numero del successivo capitolo sul quale saltare. Un romanzo bizzarro quindi, molto affascinante, a volte oscuro nei suoi percorsi, che risente, a leggerlo a tanti anni di distanza dalla sua pubblicazione avvenuta nel 1962, delle atmosfere di un periodo che, per un lettore che non le abbia vissute, possono sembrare ingenue o addirittura appartenenti a una moda che non c'è più da tanto tempo. Ma Horacio e la sua hironia (no, non è un refuso, chi ha letto il libro capirà), il suo disincantato e incantevole egoismo, il suo desiderio di trovarsi che è al tempo stesso volontà di sfuggirsi, la sua ricerca che lo conduce in un giro intorno a sé stesso, restano a lungo ad abitare la memoria del lettore, portando con sé il monito che "per arrivare al Cielo bastano un sassolino e la punta di una scarpa". bartleby 21.8.04
Recensione inviata da Francesca Baroni
Un cielo così sporco di Franco Mimmi (Aliberti Editore) Chi lo ricorda? Il 13 gennaio 1994 Carlo Azeglio Ciampi, allora primo ministro, consegnò le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro: il Parlamento venne sciolto e furono indette nuove elezioni. Anche se la storia non lo afferma ufficialmente, nella cronaca giornalistica quel giorno segnò la fine della prima Repubblica e dunque l'inizio della seconda. Due anni prima era incominciata la stagione giudiziaria di Tangentopoli, pochi giorni dopo Silvio Berlusconi scese in campo con il varo del partito-impresa Forza Italia e due mesi dopo vinse le elezioni. Furono i mesi di una transizione confusa e la cui meta resta oscura, ed è quel periodo che fa da sfondo al romanzo in cui Franco Mimmi costruisce una allegoria di un presente politico e sociale che dura ancora, e di cui non si vede la fine. Il vero protagonista del libro è "Oracoli & Miracoli", una misteriosa agenzia di consulenze che offre soluzioni ai problemi di quanti sono incappati nella rete della giustizia, o in quella delle speculazioni incrociate economico-politiche in cui i ricattati sono pure ricattatori. Cervello dell'agenzia è il grasso Senatore, coadiuvato da un Giovane assistente con master del Mit ("Siamo come Nero Wolfe e Archie Goodwin, però cattivi", dice il Giovane) e da un brasiliano, Oscarzinho, con un tenebroso passato alle spalle ("Lui è la Nemesi", dice il Senatore). Negli uffici di "Oracoli & Miracoli", nei cinici salotti zeppi di gattopardi di ogni taglia e sesso, passano i tronfi personaggi di una decadenza neppure elegante ma solo ben vestita: il palazzinaro entrato in politica, il banchiere bancarottiere, il cassiere del partito, il giornalista pronto a vendersi per una direzione, il conduttore televisivo in ginocchio davanti ai potenti. Unico contraltare, il Professore, grazie al minimo di decenza che la cultura e il ricordo di qualche ideale gli conservano e gli impongono. È un mondo che richiama quello ritratto da Grosz, e sul quale si addensano le nubi di un cielo sozzo che, come avverte il titolo shakespeariano, non si pulisce senza una tempesta: l'acquazzone di Tangentopoli non basterà a schiarirlo, e solo si potrà contare, per mantenere una speranza di decenza, su quelli che Norberto Bobbio (al quale il libro è dedicato) definiva "pessimisti non rassegnati". Francesca Baroni 11.8.04
Impressioni inviate da vocenarrante
Banana Yoshimoto, Il corpo sa tutto (traduzione di Giorgio Amitrano per Feltrinelli) Comunione con le piante, con sé stessi, con il mondo. Verso tale direzione sembrano voler condurre questi racconti della celebrata scrittrice giapponese. Quasi come moderne storie zen, prendono per mano la voce narrante e il lettore nell'attraversare la banalità del quotidiano e le asperità dell'imprevisto, i vuoti della malinconia e i tonfi del rimpianto, gli smarrimenti dell'inspiegabile per il poco o per il troppo, sempre alla ricerca di una quieta serenità, di un equilibrio saggio ma non statico. Non è un capolavoro, ma è un libro che ti parla, a saperlo ascoltare. Se a un insegnamento mira, è che non si deve mai temere di perdere qualcosa mentre si percorre il divenire. vocenarrante 6.8.04
Due anni fa nasceva Letture e riletture, così:
La lettura è un piacere dell'essere intero, l'intensità prolungabile all'infinito... e il piacere raddoppia se viene condiviso.
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