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30.3.04
Recensione inviata da Marco Di Porto
Tommaso Pincio, Un amore dell'altro mondo, Einaudi La storia di Kurt Cobain narrata attraverso la voce del suo alter-ego Homer Boda Alienson. La vita drammatica di un derelitto di provincia (Aberdeen, la stessa cittadina in cui è cresciuto Cobain), tra eroina e fantasie sui dischi volanti, tra umiliazioni e ricerca della felicità, tra autodistruzione e vuoto. Tommaso Pincio è un autore italiano molto, molto americano. Di lui si sa poco (non a caso il suo nome è la traslazione all'italiano del mitico e misteriosissimo Thomas Pynchon), tranne che è piuttosto giovane, affascinato dalle teorie del complotto e fervente ammiratore di Jack Kerouac. Ha scritto M (Cronopio) e Lo spazio sfinito (Fanucci), nonché alcuni racconti, tra i quali un bellissimo Il Budda delle amfetamine apparso recentemente nella raccolta di Minimum Fax La qualità dell'aria. Come catalogarlo? Innanzitutto sotto la voce Bravo. Tommaso Pincio è bravo. Descrive benissimo i sentimenti, sa scavare a fondo nella sofferenza, è dolcemente ironico, mai aggressivo; svolge bene la trama, le sue pagine scorrono alla grande, il suo giovanilismo (rappresentato innanzitutto dalla scelta di scrivere sul mito giovanile Kurt Cobain) è con ogni probabilità una scelta oculata più che una vera e propria esigenza: grazie ad esso Pincio può scavare tra le macerie del consumismo, indagare e raccontare la materia di questa civiltà. Poi, è Misterioso. Ovviamente tutti vorremmo sapere chi è, così, tanto per non rimanere con la curiosità. Infine, è Simpatico. Fa abbastanza ridere. In effetti, se andiamo a guardare pochi si prendono la briga di uscire dalle righe. Chi c'è, di notevole e giovane, in Italia? Paolo Nori? Ammaniti? Brizzi? Lorenzo Licalzi con il suo (questo sì, giovanilista), Non so? Melissa P.? Boh. In attesa dell'uscita del prossimo Aldo Nove (La balena più grande della Lombardia, in libreria nei prossimi giorni), Tommaso Pincio è decisamente una valida alternativa. Marco
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