Letture e riletture |
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19.3.04
Recensione inviata da Marco Di Porto John Maxwell Coetzee, La vita e il tempo di Michael K (traduzione di Maria Baiocchi per Einaudi) J. M. Coetzee, premio Nobel per la Letteratura del 2003, è uno degli autori di narrativa straniera di maggior successo in Italia. Sudafricano, racconta il suo paese con una crudezza e una serietà che lasciano il lettore sgomento. Senza ironia (ma sarcasmo e ironia sarebbero fuori luogo nelle storie che racconta), Coetzee conduce il lettore attraverso paesaggi devastati, guerra, omicidi, dolori, perdite. Ne La vita e il tempo di Michael K il protagonista è un meticcio semi-ritardato dal labbro leporino che prova in tutti i modi a scappare, con l'anziana madre malata, da una città preda dell'anarchia in cui divampa la guerriglia. Sua madre morirà e K rimarrà solo. Lento di mente e disperato, in una situazione nella quale è impossibile ottenere aiuto, K cercherà di sfuggire non solo alla violenza, ma all'umanità intera: fuggirà in campagna e in montagna, ma le sue fughe saranno sempre condizionate dagli eventi di guerra, dalla stupidità degli uomini, dall'impossibilità di essere egli stesso uomo, in quanto "scemo". K, già emarginato in tempo di pace, precipiterà in una sorta di alienazione mentale che lo condurrà a estraniarsi da tutto, anche dai bisogni primari quali mangiare o dormire. È questo il "tempo" di Michael K a cui fa riferimento il titolo: un tempo universale, scandito dai battiti del suo cuore e basta, il tempo di una bestia selvatica, di un eremita folle la cui vita, già di per sé fragile, viene trascinata da eventi assolutamente incontrollabili. Privo di sé, mentre il caos divampa K desterà la curiosità di alcuni personaggi, che proveranno a comprendere l'anima di quest'uomo che nulla chiede e nulla desidera, un animale disperato figlio della violenza. Nei romanzi di Coetzee non c'è salvazione, non c'è soluzione. Le vite umane rimangono sospese nel vuoto, impotenti di fronte agli eventi. Una scrittura molto potente, che in Italia non conosciamo dal dopoguerra, da quando anche noi avevamo storie forti da raccontare. Marco
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