Letture e riletture


15.10.03
Recensione inviata da AleRooTs
Michel Houellebecq, Piattaforma (traduzione di Sergio Claudio Perroni)
Un altro Houellebecq, un altro shock. Gli ingredienti di base sono gli stessi che mi avevano atterrito al tempo della lettura di Le particelle elementari.
Protagonisti grigi, che non trovano il loro senso in una Francia - un Occidente - che non comprendono e in cui non si riconoscono. Calzanti applicazioni in vivo della scala dei bisogni di Maslow; non hanno difficoltà a soddisfare le esigenze "vitali": impiegati statali, posto fisso, rendite sicure, sono quindi pronti per salire al gradino superiore, desiderare qualcosa di più, perché così è la natura umana. Ma il "qualcosa di più" che la società occidentale propone, prodotti di marca, vita culturale, dedizione al lavoro, possibilità di viaggiare, non possiede alcun significato ai loro occhi. Ecco allora attorno a loro aprirsi un vuoto totale, un senso di nulla denso e invadente che pervade lo spazio e il tempo, e lascia sopravvivere solo un cinismo estremo e disperato. Nessuno spazio alle emozioni, il mondo è inquadrato in una visione totalmente razionale. Totalmente razionale e senza soluzioni né prospettive. La vita, l'esistere in sé, non ha alcun tipo di significato.
Solo il sesso, e questo è l'altro fortissimo elemente caratterizzante, sembra poter emanare qualche raggio luminoso nel grigio globale. L'autore non lo dice, ma è facile capirne il ruolo. Attraverso il sesso l'uomo perde temporaneamente il completo controllo cerebrale su di sé, e sulle proprie sensazioni. L'unica possibile via di fuga, pochi istanti di piacere primordiale per dare senso a esistenze vuote di significato. Ma, totalmente fine a sé stessa, questa via di fuga si rivela ben presto nient'altro che un vicolo cieco.
Ma in Piattaforma Houellebecq non si ferma alla prese di coscienza dell'inutilità dell'essere. Offre a Michel uno spiraglio, una ragione di felicità; una felicità vera, ben più profonda e completa degli effimeri brandelli di gioia al culmine dell'estasi sessuale. Una donna ovviamente, come nella più collaudata, e forse banale, tradizione narrativa. Una donna, ovviamente, speciale: affascinante e bella, amante del sesso e in carriera, quasi un pesce fuor d'acqua nello scenario anonimo e demotivato dipinto nel romanzo. E il cinico e rassegnato burocrate riesce a trovare in lei, nell'amore che - mai citato - li lega, nella reciproca gioia del procurarsi piacere a vicenda, una ragione nel vivere, una fonte di mai sperata speranza.
"...potevo sopravvivere grazie a una donna, una donna da amare e rendere felice..."
Dicevo, in questo libro H. non si limita a teorizzare la vacuità assoluta della vita, no, in un impeto di sadica crudeltà concede al suo personaggio di assaggiare la gioia completa dell'amore, solo per poter poi farlo precipitare, un tremendo ritorno alla condizione ex-ante, un passo indietro terribile e violento, uno shock impossibile da assorbire per l'anima che coinvolta e illusa dall'amore e dalla speranza allenta le difese nell'aprirsi all'altro.
Scioccante da leggere, è impossibile rimanergli indifferenti; qualsiasi dubbio esistenziale ne esce amplificato e ingigantito nelle sue conseguenze, e ancora più sconvolgente è l'accorgersi dei tanti, troppi, punti in comune tra la propria vita e il cupo mondo descritto nel tascabile appena concluso.
...ale...



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