Letture e riletture


12.6.03
Recensione inviata da L'intercapedine
Hotel New Hampshire di John Irving (traduzione di Pier Francesco Paolini)
Anni fa rimasi fulminata dalla tragica leggerezza e dalla scanzonata pazzia che trasudavano le pagine de Il mondo secondo Garp, il primo romanzo di Irving che abbia mai letto. Non potete immaginare la mia gioia quando, dopo qualche pagina di Hotel New Hampshire mi son resa conto che si trattatava di una storia raccontata con la stessa ironia e costellata di personaggi altrettanto bizzarri.
C'è il nonno Iowa Bob, con le sue teorie esistenziali da allenatore di rugby; la mamma e la sua irresistibile scrollatina di spalle; il capofamiglia sognatore; Frank il primogenito introverso; Franny la capobranco; John il narratore; Lilly e la sua voglia di crescere; Egg ed i suoi "cosa?"; Sorrow il cane che galleggia. Poi ci son varie specie di orsi ammaestrati e travestiti, stupratori e stuprati, il Braccio Nero della Legge, prostitute, radicali, bombe simpatiche, c'è Freud -l'altro Freud- con la sua mazza da baseball... e poi ancora sucidi, omicidi, tragiche fatalità e dolci amenità.
Della maggior parte dei romanzi resta impresso il finale (come ad esempio, proprio per alcuni dei personaggi di Hotel New Hampshire accade con Il grande Gasby), invece a me di questa storia ha colpito particolarmente l'inizio, le prime pagine, in cui si parla dell'incontro dei genitori, del momento quindi in cui tutta la saga familiare ha avuto inizio agli occhi dei figli, che, seduti raccolti intorno a loro, ascoltano rapiti il racconto dell'estate del '39 in cui il loro futuro padre Win Berry incontrò la loro futura madre Mary Bates ed insieme videro per la prima volta l'orso chiamato State o'Maine.
E come direbbe la piccola Lilly: tutto è favola, tutto.
Bisogna continuare a passare oltre le finestre aperte.
scintilla




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