Letture e riletture


23.6.03
Recensione inviata da Astrid
Ho letto Fahrenheit 451 ed è stata una specie di illuminazione: troppo di quel che Bradbury ha scritto anticipa quel che sta accadendo al giorno d’oggi, con il dilagare della televisione, il prevalere della finzione sulla realtà, la manipolazione della storia (ma forse quest’ultima c’è sempre stata), l’impoverimento del bagaglio culturale delle persone. La frase più triste: ”Non dimenticate che i militi del fuoco raramente sono necessari. Lo stesso pubblico ha cessato di leggere di sua iniziativa”.
Vorrei essere come Clarisse McClellan, la ragazza poetica e allegra che viene considerata un’eccentrica solo perché non sa accettare le tristi convenzioni sociali e vuole invece conoscere le cose per quello che sono, e invece mi rendo conto di essere spesso piuttosto simile a Mildred, la moglie alienata di Guy Montag che passa le sue giornate fra tranquillanti e soap operas negandosi ad un rapporto diretto con la realtà. Ma probabilmente sarò sempre un misto tra le due: ascolterò la radio fino a notte tarda per avere compagnia, e continuerò a cercare e annusare “l’erba medica alta e il profumo di terra” (citazione dei Tre allegri ragazzi morti - Bella mia), camminando in mezzo ai campi dove nessuno va per diletto, ma solo per i lavori agricoli o al massimo per la caccia (e io non riesco a considerarla uno svago!).
Ma più di tutto, più della faccenda “bruciare i libri – imparare i libri a memoria”, mi ha dato da pensare ciò che Granger racconta a proposito del nonno: egli aveva un nonno che sapeva fare molte cose, scolpiva il legno e allevava i piccioni e raccontava le storie ai bambini, e lui, Granger, non era mai riuscito a superare la sua morte, pensando che essa comportava la perdita di un milione di bellissime cose che il nonno avrebbe ancora potuto fare.
Che il senso vero della vita è lasciare qualcosa di sé agli altri che resteranno dopo di noi, un figlio, un quadro, una scultura, una casa, una pianta piantata da noi, qualcosa. Ecco che allora mi è venuto spontaneo pensare a che cosa lascerei io al mondo se morissi adesso, e mi sono accorta che sarebbe davvero ben poco, forse è per questo che mi è venuta voglia di seminare, di piantare dei fiori, perché ho pensato di aver preso abbastanza dagli altri, da coloro che mi hanno insegnato ed educato, forse è arrivato il momento di restituire qualcosa di quel che ho ricevuto. È la prima volta che un libro mi spinge a fare qualcosa (che non sia leggere un altro libro), ciò conferma che mi ha davvero colpita e spero che i risultati si vedranno presto in una certa aiuola, sempre se riesco a impedire al mio cane di sabotare tutto!
'strid




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