Letture e riletture


23.5.03
Recensione inviata da mariemarion
Mondo Blog di Eloisa Di Rocco
...A volte mi sembra un posto meraviglioso, un hangar pieno di scatole fin dove arriva la vista. Uno sconfinato mercatino delle pulci e delle occasioni dove vanno a nozze i curiosi. Dove trovi le stesse cose che trovi fuori (non credo alla dualità reale/virtuale, tutto è reale fintanto che è esperibile), ma dentro la rete le cose vivono una dimensione diversa. Proprio come al mercatino delle pulci. Un libro comprato in Internet è un libro come gli altri, ma se lo hai comprato in Internet diventa un libro speciale, e dici "l'ho comprato in Internet" come diresti "L'ho comprato a Londra".
È anche un posto buio, misterioso, la rete. Un hangar un po' onirico, dal percorso complicato, un perfetto scenario per Lewis Carroll. Dove la persona si spersonifica. È sempre imbarazzante, infatti, confessare di aver conosciuto qualcuno in rete. Sembra andar bene per i libri, per le persone no.

[...]
La rete è quello che vogliamo noi. Questo posto dove stanno i blog insieme a un mucchio di altre cose è come il selvaggio West, uno spazio vastissimo tutto da formare. La differenza è che per farlo non dobbiamo sterminare nessun indiano, ma solo pagare le compagnie telefoniche che ci danno i cavalli per scorrazzare liberamente. Come in Cuori Ribelli, la conquista ha preso il via e siamo ancora in corsa.
C'è chi s'è accontentato di poco, chi ha messo su abitazioni faraoniche visibili a chilometri di distanza e tutte illuminate anche la notte; chi si è fatto la tana per condurre giochi loschi ed è in contatto con altre tane tramite cunicoli sotterranei, intricati e marci. C'è chi ha studiato bene il terreno prima di piantare il primo palo, e chi ha fatto in fretta e ha visto tutto affondare nelle sabbie mobili. Per nessuno è facile. Portiamo in questo spazio il nostro bagaglio e non sappiamo cosa può servirci e cosa no.
A volte mi esalta, a volte mi disgusta, questa rete, ma io mi ci trovo bene. E il blog è un angolo di questo posto. È stato per me la stanza dove mi sono cercata a lungo, il palcoscenico del teatro esistenziale, un carro allegorico....

posted by la Pizia
dentro la rete... tutto
Piaccia o no questo è un libro vero. Scritto col cuore, con la testa, con il lavoro di lima. Non si pensi sia facile farsi uscire così alla carlona periodi che vanno via come le ciliege di giugno, una pagina dopo l'altra, un capitolo appresso all'altro. Alla carlona non esce fuori niente di buono, mai. Così, alla come ci pare può scapparci un post da manuale, vomitato lì per lì come sfogo dell'anima. Se il dolore è vero e non sognato quel post può diventare perfino un pezzo d'artista. Ma un libro è un'altra cosa. E scrittori non si diventa, ribadisco, né per marchio d'editore né per sigillo di partito politico. Scrittori si nasce. E poi lo si diventa lavorando di testa e di cuore. E di lima.
Sii spietata nel tuo giudizio, m'ha scritto. Di più. Brutale? di più. Feroce? di più. Mi viene facile regalare l'amore. Per niente regalo la stima. E parlo a tutti coloro che adesso diranno "figuriamoci, sono amiche". Per i fuffaroli e gli invidiosi che non vedranno l'ora di addentare il sasso che non posson scagliare, come direbbe Carducci. La vita è adesso. Prima s'è celiato. Ridere sorridere irridere ironizzare di tutto di più. Chi si prende sul serio, specie se è un blogger, è un uomo morto. Seppellito dalla propria stessa presunzione. Ma un libro è un'altra cosa. E non me ne sono letti diecimila così, giusto per regalare un commentino favorevole a un'amica. Credo d'aver letto il meglio della letteratura mondiale di tutti i tempi.
A me questo libro è piaciuto, l'ho letto in un'ora. Perché cattura da subito con il taglio giornalistico di Hemingway, io lo sento a fiuto, mi ci sono formata su di lui. Ci sono libri, capolavori, che bisogna superare le prime sessanta pagine come una tortura. Se ce la fai, poi lui ti travolge. Ci sono autori come Joyce e Proust che trenta pagine e poi stanno là, Dio li abbia in gloria, li legga qualcun altro che ha bisogno disfoggiar fintoCultura. C'è tutta la letteratura ottocentesca che abbisogna di itroduzioni lunghissime; daPuskin a Zola passando per Tolstoji almeno un centinaio di pagine a leggere pensando ad altro, incapaci di concentrarsi. Ogni tanto una virgola balza fuori e ti spara negli occhi la sua bellezza,e quella virgola fai tua mentre continui a non leggere finché le virgole s'assommano alle parole le parole alle frasi che diventano periodi concatenati finalmente l'uno all'altro, il libro tiene, t'acchiappa, non ti lascia più. Poi il Novecento, la decadenza, la ricerca di nuovi linguaggi letterari. Giovanni Verga. E cambiò lo scrivere nel mondo. Lo stesso Hemingway è figlio di Verga alla stregua della cinematografia americana figlia del neorealismo italiano.
Diretto figlio di Giovanni Verga, questo Mondo Blog introduce il lettore all'interno di un mondo che non è per niente facile da rappresentare. Non s'è trattato d'un CopiaIncolla di alcuni post, rabberciati alla meglio da quattro stronzate. Io lo ripeto, s'è lavorato di cervello, di cuore e di lima. La scelta dei post non è stata casuale. Una delizia il leggerli, a volerne scegliere uno non si saprebbe da quale cominciare.
L'organizzazione della trama, perché una trama t'accompagna dal principio alla fine, è un ragionar sottile che sol s'evidenzia a chi quel mestiere l'ha fatto, l'ha conosciuto, ci ha sputato sangue. Le parole buttate lì come si tattasse dell'enesimo posted by e che invece per chi è del mestiere sanno di ricerca accuratissima, a volte dolorosa.
L'italiano non è per niente facile. L'italiano tanto più è semplice, tanto meno è erudito, è quasi un suicidio il buttarlo giù leggero come si trattasse di mangiar noccioline americane al cinema. Lo si ricordi, quando un'opera quale che sia appare di una semplicità disarmante, l'averla portata a compimento è stato un massacro.
Dietro l'apparente semplicità di Mondo Blog c'è il massacro di chi ha voluto misurarsi solo e soltanto con se stesso. Oltrepassando le colonne d'Ercole del proprio pudore che sempre blocca la stesura di un'opera prima. C'è un progetto, alla base del libro, un leit motiv che si sciorina via via discorrendo e che sempre ritorna senza mai appalesarsi con parole manifeste. È il progetto UOMO. È la ricerca disperata di un sentimento di umanità disperso tra i byte e i megabyte. Una richiesta d'aiuto di chi sente qualcosa franare dentro e attorno a sé. E allora, mentre implacabile coi toni asciutti di un Verga o di un Hemingway si fa cronista d'una società spietata, questa realtà la si vuole a tutti i costi rendere umana. E c'è riuscita. Eloisa è riuscita a umanizzare Internet. Senza inventarla quell'umanità, ma disperatamente cercando l'armonia tra mille dissonanze, un'armonia che c'è sempre, a saperla, a VOLERLA vedere.
Storie vere di gente in rete.... appunto. Come fu per i Malavoglia della tassa su macinato. Padron 'Ntoni alza il braccio e mostra la mano con le cinque dita aperte, dobbiamo restare uniti, dice ai figli, noi siamo una famiglia. Eloisa sfida lo scherno di chi vorrebbe ingoiare intere generazioni di liberi cervelli dentro il più spietato degli hard disk. E paragona Internet al mercato delle pulci. Chi non si sentirebbe a casa in un mercatino dell'usato. Questo suo desiderio di restare in famiglia anche se ognuno per conto proprio, liberi individui ma non individualisti, lo si respira ad ogni passo, step by step.
Alla fine, il libro che dapprima delizia la mente t'acchiappa al cuore. Sembra un appello disperato a restare vivi, a non lasciarsi ingoiare. Umana, troppo umana, direbbe Nietzsche. Chi lo legge è di fronte a una svolta. Chiudersi definitivamente dentro il suo monitor o allargare con Internet il cammino della propria Conoscenza. Realizzando il bisogno insopprimibile di comunicare. Un libro che fa riflettere. Che assume il valore di un atto di accusa. Qualcuno dovrà decidere se restare virtuale o... vivere.
mariemarion




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