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24.5.03
Recensione inviata da GiallodiVino
Cherchez le cadavre Dev'essere mischiata tra le villette a schiera, basse e col prato pettinato, di quinta dietro a un casermone che oscura il sole, oppure specchiata in un palazzone vetrocemento à la Mitterrand, in una delle tante cité che ingozzano Parigi di pendolari. Te l'immagini così la Métallique, fabbrica di componenti auto, indotto della grande madre Renault-Citroen-Peugeot, che non trovi sulle cartine che regalano nel metrò. Una fabbrica dove le presse stantuffano e macinano stampi per i cofani della 305, che escono sfilettati come una cernia sul tavolo di un cuoco giapponese. Ma hanno un sacco di casini da quelle parti. Casini con l'applicazione della legge che rivoltò la Francia come un calzino e che madame Aubry, la figlia di Delors - l'uomo che non volle farsi presidente - lei sì, volle a tutti i costi. La legge sulle trentacinque ore, quella fatta con gli aiuti e i finanziamenti alle imprese, avversata dal patronat, amata dai consulenti che studiano e ci mangiano solo per ridurre i cali di produttività e mantenere alto il livello di occupazione. Scontri, celerini, botte da orbi tra tute blu e tute grigie. Ma alla Métallique hanno anche altri casini con qualcuno che laggiù, nella citè de la Corneuve, ha capito che il guadagno non sta nel ritmo di una pressa, ma in quello di un'amaca, in un patio di un complesso residenziale tutto da costruire, speculando sul prezzo di un'area edificabile. Si chiama Fermate le macchine il romanzo e lo pubblica un vicino di blog, MarsilioBlack nella traduzione di Jacopo De Michelis. L'ha scritto François Muratet che di mestiere fa il professore di storia geografia e il rockettaro. I cadaveri dovrete cercarli per bene in questo noir sulla lotte di classe, com'è stato già definito. Ci sono eccome. Il primo in realtà è un cadavere che cammina, a metà strada tra una rianimazione e un'eutanasia, ed è quello della fabbrica. La vittima è lei. Messa sotto da squali di ogni genere che cercano di dissanguarla finanziariamente. Intrappolata in uno sciopero sulle 35 ore a oltranza. Governata da un Monsieur Jesser che sembra uno sciùr parun all'antica, tutto d'un pezzo, un patròn autoritario e determinato. Intorno e dentro alla Métallique si muovono quelli che ci lavorano e ci sputano il sangue. Ma anche quelli che vogliono azzannarla e lasciarla lì, esanime pronta per essere sbocconcellata da una muta di cani randagi e pieni di franchi. Oppure i ragazzi delle presse, come Mona che tira su di coca per reggere il ritmo, mentre sogna una vita da cantante. Pascal che picchia sulla batteria e cita Baudelaire per andare avanti. Raymond ex flic, avvinazzato di mini cognac, che deve indagare su sparizioni di bidoni. Se fosse un giallo canonico sarebbe forse lui l'investigatore. Oppure potrebbe essere Bruno che fa il consulente per l'azienda a suon di migliaia di franchi e tira di kendo con la katana giapponese. Uno strano modo di vedere gli spiriti animali che reggono il mercato, il suo. Concentrato sulla via dell'aikido, sulla spirale ascendente, "sulla via dell'armonia e dell'unione che deve fare pulizia del mondo". Scrive bene Muratet, ti porta dentro la fabbrica e ti ci porta a bordo di un muletto finchè non senti la puzza dell'olio. Macini chilometri nelle linee di produzione e rimani sordo per il casino, e fatalmente finisci per respirare l'odore della cordite che resta appiccicato a una pistola dopo uno sparo. Nicola
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