Letture e riletture


8.4.03
Recensione inviata da ranafatata
Il coraggio del pettirosso di Maurizio Maggiani
“Gran bella cosa l’amore: è l’unica vera sosta dal vivere che l’umanità conosce. È un attimo di pausa prezioso che ognuno può permettersi; chiunque tu sia, qualunque cosa tu faccia”.
Gran bella storia di un personaggio che racconta due storie, e le due storie si intrecciano e si arricchiscono a mano a mano che la narrazione procede.
Saverio, figlio di italiani stabilitisi dopo la guerra ad Alessandria d’Egitto, racconta la sua giovinezza a Ras El Tin (“il quartiere del porto e di tutti i transfughi del mondo”), racconta di ciò che fa da sfondo alla sua vita, degli amici del padre (scomparso in mare, un giorno, senza lasciare tracce, né “istruzioni per l’uso” della vita al suo unico figlio), dei suoi piccoli traffici, del suo vagabondare per il deserto, dell’incapacità di “trovare una strada”, della sua inquietudine. Fino ai due avvenimenti che faranno cambiare di rotta la sua vita: l’incontro, durante un brevissimo soggiorno in Italia, con Ungaretti (di cui ama quasi con vergogna le poesie, ma di cui diffida perché gira voce che abbia rinnegato l’anarchia e abbracciato il fascismo) e un incidente in mare che lo costringe a restare a lungo in clinica. Durante la convalescenza sogna una storia – notte dopo notte: una storia a puntate – che poi racconta per guarire (il potere terapeutico della scrittura…). Guarisce prima di aver finito di narrare la storia, e finisce il suo racconto solo per accontentare i suoi amici. E non deludere Fatiha, bel personaggio di palestinese terrorista-chirurgo-levatrice che mangia per due e fa sempre domande. E alla fine del suo racconto, benché non abbia trovato “lo slancio necessario per trovare il porto sepolto”, Saverio è cambiato, e gli sembra che “ogni cosa acquisti finalmente un suo senso”.
Il coraggio del pettirosso mi sembra, insomma, il racconto di una crescita, la riflessione sul potere terapeutico della scrittura, sul valore della poesia al di là delle ideologie, sull’importanza dell’amore come modo per riposarsi dalla vita. Le sensazioni che il mare dà a Saverio schizzano fuori dalla pagina, così come le descrizioni del deserto o dell’atmosfera di Alessandria o dei personaggi che affollano il libro. Così, “i fatti presi uno per uno non significano niente, è quando vanno a sedimentarsi dentro di noi che allora succede qualcosa che sfugge alla coscienza. Come la birra, ecco. La vita ci fermenta dentro; e con poco orzo e acqua fresca viene fuori uno schiumone che ti ubriaca”.
ranafatata




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